Il capo di Forza Italia è cauto sulle analogie con la Germania ma esclude che il balzo della destra possa scalfire gli assetti
«La Merkel si sarà anche indebolita ma ha pur sempre vinto le elezioni. E si è confermata per la quarta volta Cancelliera: un risultato storico». In politica è tutto una questione di punti di vista, e per Confalonieri il risultato del voto in Germania restituisce all’Europa un bicchiere mezzo pieno, anche se il patron di Mediaset non manca di osservare la metà mancante, l’avanzata dell’AfD «che è il brutto di questo periodo», un rigurgito del passato che «impone alle istituzioni di governare i processi e di dare risposte ai cittadini».
Non è un caso se la prospettiva dalla quale Confalonieri guarda le elezioni tedesche coincide con quella dell’amico di una vita. C’è un motivo se Berlusconi, rispetto al forte calo della Cdu, preferisce sottolineare «il record» della Merkel, giunta al quindicesimo anno di cancelleria «malgrado abbia dovuto affrontare l’emergenza migratoria nel suo Paese, con un flusso di oltre un milione di persone». La sua vittoria ribadisce insomma la centralità dei «moderati» rispetto ai «ribellisti», è la riaffermazione di un primato che il balzo in avanti della destra estrema a Berlino non può scalfire. È un memorandum che inoltra a Salvini.
Tuttavia, sensibile com’è ai segnali dell’opinione pubblica, il Cavaliere non vuole mettere le sue vele controvento. Non è in discussione l’ancoraggio al Ppe, figurarsi, e neppure il rapporto con la Merkel, ristabilito dopo anni di gelo. Se per di più — come spiegano sotto voce in Forza Italia — la strada verso la Corte europea di giustizia a Strasburgo «passa anche dalla Germania», il quadro è completo. Inoltre, l’intenzione di Berlusconi di attendere che la polvere si posi è dettata dalla volontà di non sovrastimare il risultato tedesco e di non accreditarlo come un trend che avrà riflessi sulle elezioni in Italia.
Lo testimonia il recente passato: anche ai tempi delle presidenziali francesi — ha convenuto con il presidente dell’Europarlamento Tajani — si parlò di un’onda lunga del populismo, che poi s’infranse sugli scogli del secondo turno. Perciò il Cavaliere respinge le analogie. Lo ha spiegato ieri ad alcuni suoi ospiti: «È impossibile fare previsioni oggi per l’Italia. Le elezioni da noi si terranno l’anno prossimo e bisognerà vedere quali saranno i numeri in Parlamento. Solo allora sapremo se e in che modo si riuscirà a comporre una maggioranza di governo». La crisi dei partiti socialisti lascia supporre altri schemi, ma Berlusconi non vuole ipotecare il futuro.
Tranne su un punto: la sua leadership nel centro-destra. Per l’ex premier è una questione non negoziabile che prescinde dai fattori internazionali e dalle tecnicalità della legge elettorale, semmai il Parlamento approvasse il Rosatellum. Tale è la determinazione che — dicono — sarebbe pronto a portare alle estreme conseguenze il braccio di ferro con Salvini. Anche mettendo in conto la rottura. Con qualsiasi sistema di voto. È da vedere se andrà così. Di sicuro ieri il segretario del Carroccio — sfruttando il voto tedesco — ha definito il risultato dell’AfD «una ventata di libertà», polemizzando apertamente con Tajani e provando a estendere i suoi confini nel territorio forzista: «Porteremo Toti nella Lega», ha detto riferendosi con una battuta al governatore ligure.
Era serio però il presidente di Regione azzurro quando ha sostenuto che il voto in Germania «è stato una lezione per chi vagheggia grandi coalizioni in Italia», arrivando a non escludere «il dialogo» con i Cinquestelle: «Al momento siamo molto, molto distanti. Ma una volta che avranno trovato
Toti e i 5 Stelle «Io dialogo con tutti una volta che avranno trovato una loro dimensione»
una loro dimensione, io dialogo con tutti». Una linea eretica rispetto a quella del Cavaliere, che probabilmente in queste ore ha scelto il basso profilo sulle elezioni tedesche anche per evitare di mettere in risalto il caleidoscopio di posizioni all’interno del suo partito, dove si approfondisce il solco tra l’anima popolare e l’anima filo-leghista.
Berlusconi preferisce invece temporeggiare perché «è impossibile fare oggi previsioni» per il voto in Italia: solo dopo il voto si saprà «in che modo si costruirà da noi una maggioranza in Parlamento». E dunque, se proprio si vuol prendere la Germania a metro di paragone, se davvero a Berlino fosse tramontata la Grande coalizione tra Cdu e Spd, cosa sarebbe il governo «Giamaica» con Cdu, Verdi e Liberali se non un governo delle larghe intese?