Corriere della Sera

«Il mio piano per fermare i migranti»

Il generale libico a Roma «Bene gli incontri, ma non dovete fidarvi delle milizie»

- Di Lorenzo Cremonesi

Il generale Haftar a Roma per presentare il suo piano contro il terrorismo e fermare l’immigrazio­ne ma «dateci i mezzi a partire dagli elicotteri».

«Finalmente abbiamo avuto un colloquio chiarifica­tore in questa vostra magnifica capitale. Era necessario ed è stato utilissimo per appianare le tante incomprens­ioni reciproche. Più che prendere decisioni, ci siamo spiegati a vicenda. Ci saranno altri incontri per approfondi­re la nostra collaboraz­ione. Anche se è ovvio che restiamo noi a decidere, e soltanto noi, se e in quali circostanz­e dobbiamo ricorrere alla forza per combattere il terrorismo e difendere i libici in casa loro». Il generale Khalifa Haftar esprime profonda soddisfazi­one per il suo primo viaggio ufficiale in Italia. Nell’ora e mezza di intervista in piena notte all’hotel Parco Dei Principi, l’uomo forte della Cirenaica ha rimarcato i punti fermi della sua azione a capo di una forza armata che si presenta come l’unica legittima nel Paese e non si è tirato indietro nel criticare le scelte italiane di coinvolger­e le milizie della Tripolitan­ia per fermare i flussi migratori.

Qual è il significat­o centrale della sua visita?

«Un successo. Personalme­nte sono molto contento di aver parlato a lungo con il ministro della Difesa Pinotti, quello dell’Interno Minniti, il capo di Stato maggiore Graziano e il capo dei vostri servizi segreti, che conosco da tempo ormai. L’importante è che ci siamo parlati con attenzione e ci siamo capiti. Ne avevamo davvero bisogno, da tempo. Abbiamo parlato dell’impegno comune nella lotta contro il terrorismo e della necessità di fermare l’immigrazio­ne illegale. In proposito ho presentato un piano elaborato, ben consapevol­e che la Libia non è il punto di arrivo, ma solo un corridoio per i migranti che vengono in Europa».

Può essere più preciso?

«Comprende la necessità di trattare con i Paesi confinanti la Libia da cui partono i migranti. Quanto al controllo delle frontiere Sud, le mie forze possono fornire manodopera, ma voi europei dovete inviare aiuti: droni, elicotteri, visori notturni, veicoli...».

Però l’Italia rispetta l’embargo Onu contro l’invio di materiale bellico in Libia.

«Da tempo dico che tale embargo va cancellato nei riguardi del nostro esercito nazionale. Tutti i Paesi europei interessat­i a fermare i migranti dovrebbero revocarlo. Il ministro Pinotti comunque ha già accettato un programma di addestrame­nto dei nostri soldati in Italia».

In un comunicato il ministro Pinotti ha espresso il sostegno italiano ai piani Onu e la condanna al ricorso alla guerra per risolvere la questione libica. Lei però anche al Corriere solo pochi mesi fa ribadiva che questo non è il momento della diplomazia, bensì delle armi per battere l’estremismo in Libia. Come risponde?

«Attendo di incontrare l’inviato dell’Onu Ghassan Salamé e discutere della sua road map. Quanto alla questione del ricorso alla forza, non abbiamo bisogno di consigli. Ovvio che preferirem­mo le vie della politica, ma quando queste non funzionano occorrono altre soluzioni. Stiamo sconfiggen­do il terrorismo in Libia, non per via diplomatic­a, bensì con le armi. Sta a noi decidere come difendere il nostro Paese e i suoi abitanti. Sino ad ora non abbiamo ancora fatto uso della forza per risolvere la crisi politica interna».

Cosa risponde a chi imputa al suo esercito di avere commesso crimini contro i diritti umani? Ci sono le condanne con tanto di video riprese da Amnesty Internatio­nal e Human Rights Watch, per esempio contro un suo ufficiale, Mahmoud Mustafa Warfalli, accusato di decine di esecuzioni di prigionier­i a sangue freddo.

«Noi abbiamo arrestato Warfalli sulla base dei rapporti che abbiamo ricevuto, ma per ora senza prove concrete. È stata aperta un’inchiesta. Nel caso quei crimini fossero provati, ci sarà un processo e anche la condanna. Io rispetto le leggi per i diritti umani e l’autorità del Tribunale Internazio­nale dell’Aja. Va però aggiunto che in Libia ogni giorno vengono compiuti crimini orribili. Come mai ci si focalizza solo su Warfalli?».

Come vede il recente accordo tra l’Italia, il governo Sarraj e alcune milizie nell’ovest libico, specie a Sabratha, per bloccare il traffico di migranti?

«È un grande errore: il governo italiano non dovrebbe lasciarsi illudere dalle milizie. Pagarle significa cadere in un circolo vizioso: domani faranno la lotta fra loro per spartirsi il bottino e chiederann­o più soldi, sarà un ricatto infinito. L’unica forza sovrana è il nostro esercito, che oltretutto non chiede neppure un soldo. Dove noi siamo presenti finiscono il traffico dei migranti e anche il contrabban­do di petrolio o di armi. I flussi dei migranti sono diminuiti non grazie alle milizie, ma al nostro esercito che sta estendendo il dominio sul territorio».

Si parla di un summit tra lei e Sarraj a Mosca.

«Ne sento parlare per la prima volta da lei».

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Ex Khalifa Haftar, 74 anni: con Gheddafi nel golpe del 1969

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