Corriere della Sera

La regista Coixet: un clima d’odio contro chi non è indipenden­tista

- dal nostro inviato Andrea Nicastro

Penelope Cruz ha voluto lei per la regia di Lezioni d’amore. Scrive e dirige film sensibili, che scavano nei sentimenti delle persone. È una donna famosa, premiata tante volte, ma ciò non ha evitato a Isabel Coixet una valanga di insulti sui social. «Un vero linciaggio», dice.

Qual è stata la sua colpa?

«Aver alzato il dito con un articolo su El País per dire: attenzione non tutti i catalani sono per l’indipenden­za di Barcellona dalla Spagna».

Nonostante quegli insulti ha poi firmato il manifesto degli intellettu­ali di sinistra contro la «truffa» del referendum?

«Sì».

Recidiva. Coraggiosa.

«Dovevo farlo anche per chi non ha la forza di esporsi. Quel che sta succedendo in Catalogna, il clima di intimidazi­one ed esclusione che vivono i contrari al secessioni­smo, mi ricorda i Paesi Baschi degli anni ’80 e ’90 quando erano frequenti le minacce e i ricatti a chi non la pensava come gli amici dei terroristi. Però, rispetto ad oggi, violenza fisica a parte, quell’attitudine aggressiva non fu mai alimentata dai governi baschi. Mai».

La tensione è solo colpa della Generalita­t catalana, dei suoi leader politici?

«Siamo in un momento nel quale tutti dovrebbero abbassare i toni per sedersi a discutere. Il governo centrale di Madrid non vuole ascoltare la domanda legittima degli indipenden­tisti che vogliono contarsi. Una rivendicaz­ione legittima che merita un voto vero, con censimento, quorum, osservator­i neutrali, una campagna a favore e una contro. Merita democrazia».

Questi sono gli errori di Madrid. E la Generalita­t?

«Al Palau invece di lavorare in questa direzione tengono orecchie e bocche chiuse perché in fondo sanno di non essere maggioranz­a. In questo momento ai separatist­i conviene il martirolog­io, il costante vittimismo. Però se nè Madrid nè Barcellona faranno il primo passo, il confronto porterà a cose molto brutte».

È un problema essere anti indipenden­tista oggi in Catalogna?

«Lo è. Il paradosso è che davvero spero che prima o poi si possa fare un referendum con tutti i crismi della legalità. Perché così si capirà che i catalani non sono solo quelli che scendono in piazza. Gli altri come me, i contrari, non escono, non si fanno sentire».

Se il referendum ci fosse, lei però voterebbe contro.

«Sono catalana, parlo catalano e leggo letteratur­a catalana. Ma amo anche scrittori spagnoli, francesi, di tutto il mondo. Elias Canetti, assieme a tanti altri non catalani che mi hanno ispirato, pensava che l’essere umano fosse qualcosa di più della sua nazionalit­à, che avessimo un’anima che travalica gli Stati e anche la lingua. Da bambina volevo viaggiare, conoscere il mondo, non rinchiuder­mi. La Catalogna è troppo piccola, non vedo quale sia il problema di avere un’identità duplice: anzi il bilinguism­o è un vantaggio, ti apre la mente e ti prepara ad altre lingue».

Come regista ha lavorato nell’ex Jugoslavia, girato dei documentar­i in luoghi e momenti difficili. Vede sulle Ramblas gli indizi di quella tragedia?

«Nei Balcani esisteva il fattore religioso, cattolici e ortodossi, cristiani e musulmani, che per fortuna qui non esiste. Non per questo siamo al riparo. Dieci anni fa c’era un piccola crepa tra spagnoli e catalani, oggi il solco è profondo».

Sarebbe materia per un film?

«Prima non ci pensavo, non ne vedevo la necessità perché sembrava qualcosa di impossibil­e. Ora invece è troppo urgente, vicino e per me doloroso. Il sogno politico larvato era lì, ma è stato adoperato come ciambella di salvataggi­o dai politici e dal 10-20% gli indipenden­tisti sono arrivati quasi al 50% in pochissimo tempo».

Come se lo spiega?

«Attorno al 2010 la Spagna come tutta Europa è entrata in una crisi economica brutale. Qui più che altrove c’è stata una disoccupaz­ione anche giovanile che ha azzoppato famiglie e sogni. La politica ha risposto con l’immobilism­o, senza idee, senza progetti. A Madrid è nato il movimento degli Indignati e anche a Barcellona la gente è scesa in piazza. Ma in Catalogna c’era a disposizio­ne l’indipenden­tismo e l’hanno usato come strumento di distrazion­e”.

C’è una soluzione?

«Se si vuole una soluzione democratic­a, si trova».

Spero che si possa fare presto uno scrutinio con tutti i criteri di legalità: si capirà che i catalani non sono quelli che scendono in piazza

 ??  ?? Universita­ri Il bacio tra due studenti durante le proteste di giovedì a Barcellona a sostegno del referendum sull’indipenden­za (Ap/Manu Fernandez)
Universita­ri Il bacio tra due studenti durante le proteste di giovedì a Barcellona a sostegno del referendum sull’indipenden­za (Ap/Manu Fernandez)
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Regista La catalana Isabel Coixet, 57 anni

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