Passa la legge «salva borghi» Aiuti a oltre 5.000 Comuni
Ci sono volute 4 legislature ma alla fine la legge che ridà un po’ di ossigeno e di speranza a 5.567 piccoli Comuni italiani (ospitano 12 milioni di abitanti) è arrivata in Gazzetta ufficiale. Con il voto bipartisan del Senato, favorevoli anche i grillini, diventa fatto compiuto il provvedimento fortemente voluto dal «difensore del territorio» Ermete Realacci (Pd), dai sindaci di tutti colori e da deputati di frontiera eletti nelle valli alpine come Enrico Borghi (anche lui dem) che è anche presidente dell’Uncem (comuni montani). Lo spirito della riforma — che purtroppo parte con una dotazione minima (100 milioni in 5 anni) ma che ha il pregio di costituire un salvadanaio da rimpinguare — è quello di lasciarsi alle spalle mance e finanziamenti a pioggia. Favorite, invece, le alleanze virtuose tra municipi che vorranno condividere infrastrutture, un ufficio postale, interventi contro il dissesto idrogeologico, progetti per la cultura, ciclovie, recupero di vecchi tracciati ferroviari, cavi della banda larga, percorsi enogastronomici e quant’altro. I soldi (anche per i centri storici, le scuole, i presìdi sanitari) arriveranno se i progetti saranno condivisi tra piccoli Comuni e, perché no, cofinanziati dai privati. La Coldiretti, per questa legge «salva borghi», ha calcolato che il territorio di tre piccoli Comuni su 4 è destinato alla produzione di formaggi e salumi Dop, che nel 60% di essi si trovano gli uliveti dove nasce l’extra vergine. Per un totale di 300 mila imprese agricole.