Il nostro Paese in ritardo sugli obiettivi Onu 2030: bene le energie rinnovabili e la cultura alimentare, male le infrastrutture e la crescita della povertà
Il Pil, prodotto interno lordo, non basta per descrivere lo stato di salute di un Paese. Per questo l’Italia aderisce ad Agenda 2030 dell’Onu, che fissa 17 obiettivi di «sviluppo sostenibile» in campo economico, sociale e ambientale da raggiungere entro 13 anni. Una rincorsa che vede il nostro Paese in affanno. Se continua così, spiega il Rapporto dell’Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) «l’Italia non riuscirà a raggiungere i 17 obiettivi». «Urge un profondo cambiamento culturale», dice il portavoce dell’Asvis, Enrico Giovannini.
Cibi più sicuri
Sul piano economico, il Pil pro capite italiano era nel 2007 il 105% della media Ue, mentre oggi è «poco più del 95%». In dieci anni è raddoppiata la povertà, triplicata quella tra i minori. Non tutto va male, però. Scendendo nel dettaglio, c’è un miglioramento, per esempio, nel campo della sicurezza alimentare e della consapevolezza del consumatore, anche se si registra un allontanamento dalla dieta mediterranea rispetto a 25 anni fa, a causa di una «evidente e negativa omologazione dei regimi alimentari», dell’«aumento dei pasti fuori casa» e dell’utilizzo dei cibi preconfezionati. Su un altro fronte, l’energia, bene le fonti rinnovabili, che pesano il 42% nella produzione (ma meno del 20% sui consumi).
Troppi incidenti
Migliorano anche le condizioni generali di salute, grazie ai progressi della medicina. Ma, nonostante la patente a punti, «l’Italia continua ad avere un tasso di mortalità da incidenti stradali significativamente superiore a quello europeo: 54,2 vittime per milione di abitanti contro il 50,6 della media Ue». Passi in avanti nell’istruzione, che vede l’incremento del tasso di completamento degli studi e la diminuzione degli abbandoni scolastici. Risultati «meno lusinghieri» vengono però dalle rilevazioni Pisa, i test internazionali che misurano il grado di apprendimento degli allievi: quelli italiani sono sistematicamente indietro.
Record di donne nei cda
Fa progressi anche l’uguaglianza tra i sessi. Per esempio, la quota delle donne nei consigli di amministrazione delle imprese quotate in Borsa è salita dal 4,5% del 2004 al 30,3% del 2016, «portando l’Italia sopra la media europea». Ma il lavoro resta «il punto più dolente della condizione femminile in Italia», con un tasso di occupazione «tra i più bassi in Europa. Più in generale, «in tema di contrasto alle discriminazioni» rimane «molto difficile rompere il cosiddetto “soffitto di cristallo”, che pone gli uomini in posizione dominante nelle imprese e istituzioni».
Banda larga e strade
Luci e ombre anche nelle infrastrutture. La banda larga ad almeno 10 megabit ha «superato per la prima volta il 50%» delle abitazioni, ma «la rete stradale è sostanzialmente ferma da anni», gli acquedotti sono vecchi. E continua l’espansione urbana nei comuni a rischio sismico: al ritmo del 3% l’anno nei 1.750 municipi della dorsale appenninica.