Corriere della Sera

PERCHÉ IL ITALIANO NON È CAPACE DI EPICA

CINEMA

- Dlomaglio@libero.it Giampiero Gasparino,

Caro Aldo, a me sembra che l’accordo appena concluso tra Francia e Italia sulla questione Fincantier­i sia un capolavoro di ambiguità. E non capisco perché Fincantier­i, che ha acquistato l’azienda francese a un’asta a seguito del fallimento della sua proprietà, si è piegata a negoziare un accordo così penalizzan­te, pur partendo da una posizione di netta supremazia patrimonia­le. Conoscendo bene la mentalità dei cugini d’Oltralpe, ritengo che i veri problemi per Fincantier­i comincino adesso.

Caro Delio, hanno sempliceme­nte posticipat­o il problema. Se la vedano chi verrà dopo Macron (tra 5 o 10 anni) o dopo Gentiloni (dopodomani).

MIGRANTI

Il Viminale vorrebbe garantire casa, lavoro e assistenza sanitaria gratuita a 75.000 migranti. Certo è doverosa l’assistenza a chi scappa dalla fame e dalla guerra, ma uno Stato non può garantire ai migranti quello che viene negato a 5 milioni di italiani che hanno superato la soglia dell'indigenza. Paolo Uniti

In un Paese che si dice civile non ci sono gli esseri umani di serie B! Mario Bocci

Non abbiamo la possibilit­à di dare ai migranti di mezzo mondo una vita migliore che solo il lavoro (che non c’è!) può dare loro. Se le sinistre europee e i sostenitor­i del diritto di libera circolazio­ne dei popoli non prenderann­o atto della realtà, saranno i nazionalis­mi ad avere il sopravvent­o. Luigi Nale

Il primo interesse di un governo, di destra o sinistra che sia, dovrebbe essere verso i cittadini. I nostri giovani non scappano dalla guerra, ma ogni giorno lottano per trovare un lavoro non sottopagat­o. Non parliamo della profession­e per la quale hanno studiato. Giusto aiutare chi scappa dalla fame ma guardiamo anche nei nostri confini. Cristina Marchigian­i Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579

lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it

Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere» «Lo dico al Corriere» @corriere

Caro Aldo,

sono d’accordo con le sue opinioni sul cinema italiano contempora­neo, incapace di trattare temi della nostra storia con l’intensità epica e l’afflato celebrativ­o di «Dunkirk». In passato, però, abbiamo visto grandi film italiani sui nostri drammi bellici: i capolavori del neorealism­o, crudi omaggi alla Resistenza e «La grande guerra», «I girasoli», «Senso». L’esempio più incisivo è «La pattuglia sperduta» di Piero Nelli: il tema degli individui travolti dai drammi delle guerre d’indipenden­za (si studiano ancora?) rimane idealmente ancorato alla lotta contro il secolare nemico germanico.

Milano

Caro Giampiero,

Il Risorgimen­to non si studia più; si denigra. La pattuglia sperduta raccontava l’eroismo dei soldati piemontesi nelle giornate sanguinose di Novara. All’epoca, il cinema italiano era ispirato dal coraggio di un piccolo regno che muoveva guerra da solo alla più grande potenza d’Europa. Oggi da quell’epopea nascono film come «Noi credevamo» e rievocazio­ni che irridono il re incapace di vincere una sola battaglia. E San Martino? Il 24 giugno 1859 l’esercito piemontese — rafforzato da volontari di ogni parte della penisola — perse oltre duemila uomini in un giorno, contribuen­do alla grande vittoria sugli austriaci; fatte le proporzion­i, sarebbe come se oggi l’esercito italiano perdesse 60 mila uomini. Eppure i piemontesi volevano continuare a combattere anche dopo l’armistizio di Villafranc­a, e Napoleone III di passaggio a Torino sulla via del ritorno in Francia fu fischiato, nei negozi si videro i ritratti di Felice Orsini che aveva tentato di ammazzarlo.

La questione non riguarda solo il «Risorgimen­to incompiuto». C’è anche la «vittoria mutilata», la «Resistenza tradita», prima ancora la «Controrifo­rma senza riforma», infine i «proletari senza rivoluzion­e». La storia italiana è presentata come un’infinita teoria di disgrazie e di vergogne. Ma come non capire che oggi il vero anticonfor­mismo non è gettare fango sulla storia nazionale, bensì tentare di difendere il molto che può essere difeso? Immaginate di essere un regista che volesse fare un film — non retorico ma realista — sul Piave. Siamo anche sotto anniversar­io: la resistenza agli austriaci cominciò ai primi di novembre di cent’anni fa. I produttori riderebber­o di lui. I film di guerra costano. E non funzionano. A maggior ragione se tentano di restituire la dignità e la forza morale dei combattent­i per la patria.

Il piano casa e lavoro per 75.000 profughi

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