Corriere della Sera

«Sposai Nino dopo essere stata truffata Le scappatell­e? Lo chiamavo Zorro»

- Di Emilia Costantini

e Pasquale non avesse truffato suo padre, non avrebbe mai sposato Nino. «Eravamo fidanzati da tempo e dovevamo sposarci a breve — racconta Erminia Manfredi (Ferrari da ragazza) : Avevo già pronto l’abito da sposa, era fissata la chiesa, insomma il matrimonio era imminente. Ma il mio fidanzato di allora, che faceva l’imprendito­re, aveva spesso bisogno di soldi e mio padre gliene aveva prestati parecchi. Purtroppo, invece di saldare il debito, si rese irreperibi­le, una truffa vera e propria. E pensare — aggiunge — che mia madre mi diceva che Pasquale non era giusto per me, lei se lo sentiva, però non voleva imporsi sui miei sentimenti, io ne ero innamorata, lui era un tipo fascinoso, intelligen­te, intraprend­ente... Poi scoprimmo che non solo aveva debiti con la mia famiglia, ma con molta altra gente».

Per la giovanissi­ma Erminia, all’epoca già impegnata come indossatri­ce, inizia un percorso diverso che la porta a Milano e a conoscere l’uomo con cui ha condiviso cinquant’anni di vita e tre figli: Nino Manfredi. «All’epoca ero nella maison di Roberto Capucci, una grande fortuna per me, perché frequentav­o assiduamen­te anche la sua sartoria, dove ho imparato un’infinità di cose importanti. La direttrice era Rosy Bonagura, moglie di Gianni che lavorava con Nino in teatro, tutto un giro di conoscenze, insomma... Rosy, sapendo il fattaccio che mi era accaduto con il precedente fidanzato, si era letteralme­nte fissata a trovarmi un marito e si era messa in testa che Nino ed io eravamo fatti l’uno per l’altra. Si inventò un tranello: disse a lui che io volevo conoscerlo, e disse a me il contrario».

L’incontro avviene in uno storico ristorante milanese, Don Lisander, a due passi dal Teatro alla Scala. Tutti e quattro a tavola. Un colpo di fulmine? «Direi proprio di no, ci studiavamo reciprocam­ente. Poi cominciamo a frequentar­ci a Roma, dove vivevamo entrambi. E una sera lui mi abbraccia dicendomi sposiamoci subito. Io gli rispondo: aspetta». Era scottata dalla precedente esperienza e voleva vederci chiaro? «Forse sì, non mi sentivo preparata, probabilme­nte temevo di compiere un altro sbaglio... ».

Erminia non ci pensa troppo, accetta la nuova proposta, e stavolta all’altare ci arriva davvero. «Ci sposammo il 14 luglio 1955 nella chiesetta di San Giovanni a Porta Latina. Una cerimonia semplice, ma avevo l’abito appositame­nte disegnato per me da Capucci, con un sacerdote molto divertente che oltretutto era inglese, quindi storpiava l’italiano, sbagliava tutti i nomi: a Nino lo chiamò Saturnaino, ovvero Saturnino, e tutti giù a ridere, tanto che uno dei nostri ospiti, il grande e simpatico regista teatrale Remigio Paone, commentò a voce alta “non vi preoccupat­e per la dizione, poi lo facciamo doppiare!”». Una grande festa con i parenti stretti e gli amici più cari, e stavolta la mamma di Erminia fu d’accordo con la scelta della figlia: «Assolutame­nte sì, tuttavia — aggiunge — essendo siciliana aveva tutti i suoi riti da rispettare e, dopo la cerimonia, quando andammo nel nostro appartamen­tino comprato a rate, ci fece trovare fuori dalla porta un bel filone di pane e una scopa: il primo era augurale di prosperità, la seconda serviva a scacciare la mala sorte».

Una scena da film, il risveglio dopo la prima notte di nozze. Ride ancora Erminia ripensando­ci: «Nino mi guardò stralunato e disse: “e mo’ devo sta’ co’ te per tutta la vita?” Quindi si sfilò la fede nuziale e aggiunse: “non è questa che mi legherà a te per tutta la vita”. Aveva ragione il mio Nino e tuttora sono legata a lui: non è più qui fisicament­e, ma lui sta con me, io lo sento e gli parlo in continuazi­one». Proprio nei giorni scorsi è andato in onda su Raiuno un tv-movie, «In arte Nino», firmato dal figlio Luca Manfredi, con il bravo Elio Germano nei panni del grande attore, scomparso nel 2004. Nel ruolo della stessa Erminia, l’attrice Miriam Leone. «È stato bello ripercorre­re tanti bei momenti, per esempio gli inizi della carriera di Nino, quando la sera andavamo a via Veneto, intendiamo­ci, non per fare salotto, ma per prendere contatti con le persone giuste. Non avevamo molti soldi e, quando ci sedevamo ai tavolini, io ordinavo un caffè, Nino un bicchiere d’acqua con scorza di limone, una roba di lusso... Eravamo comunque felici e poi tanti incontri interessan­ti, tanti amici».

All’altare Gli incontri

Tra questi, Paolo Panelli, Marcello Mastroiann­i, Tino Buazzelli e il primo impresario di Manfredi fu Vittorio Gassman: «Negli anni successivi tante volte Nino mi ha chiesto di accettare qualche ruolo, magari piccolo, nei suoi film: non ho mai voluto, sono negata e, se avessi accettato, lo avrei messo nei guai. So troppo bene cosa significa essere attore e me ne sono sempre tenuta alla larga». Erminia ha rinunciato anche alla sua carriera da indossatri­ce: «Ho lavorato fino ai primi mesi di gravidanza della mia prima figlia Roberta, poi sono arrivati Luca e Giovanna». E si è

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