Il Cabernet rock and roll per gli Stones
Luca D’Attoma (Duemani): ecco cosa ha bevuto la band prima del concerto di Lucca
uca D’Attoma, vignaiolo ed enologo toscano, corpo massiccio alla Varoufakis e cranio rasato, è l’opposto di Mick Jagger, androgino e guizzante anche sette anni dopo la soglia Fornero della pensione. Ma da quando, sabato scorso i Rolling Stones hanno mostrato sul palco di Lucca la loro tendenza all’immortalità sonora, D’Attoma non fa che ascoltare le loro canzoni. Come Pass The Wine: «Ho bisogno di qualcosa con la garanzia che mi piaccia. Passami il vino, baby, facciamo un po’ l’amore». Gli Stones prima e dopo il concerto, si sono «fatti passare» i vini di Duemani, così si chiamano la cantina e il vino di D’Attoma e della moglie Elena Celli. Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watts sono tornati a casa con quattro magnum.
Esistono vini più blasonati, ma nessuno in Toscana è rock and roll quanto il Duemani, un Cabernet franc che profuma di more, e contiene, assicura il produttore, «energia esplosiva». Come una rockstar «ha un lato selvaggio, ma l’effetto è morbido», secondo Monica Larner di Wine Advocate che ha assegnato all’annata 2014 il voto di 93/100. Potente e longevo alla pari di una musica che attraversa le generazioni, fatta di canzoni che — lo scriveva Edmondo Berselli — sembrano niente ma sono tutto, perché placano la malinconia e commuovono i burberi.
«Mimmo D’Alessandro, l’organizzatore del concerto di Lucca, è un amico ed un enoappassionato — racconta D’Attoma — ci ha chiamato per fornire i vini alla cena di Gennaro Esposito (due stelle Michelin con il «Torre del Saracino» a Seiano di Vico Equense). C’erano due postazioni. Una per la band, con amici e famigliari, circa 150 persone, un’altra al Caffè delle Mura per altri 600». Cosa si è bevuto? «Abbiamo portato il nostro Altrovino 2014, Cabernet franc e Merlot, e quelli di due aziende per le quali lavoro: il Colle dei marmi, un Fiano dei Castelli romani della cantina Le Rose e un Syrah maremmano, il RosaMati delle Pupille. Ca’ del Bosco ha inviato la sua Cuvée Prestige».
Nel giorno magico di Lucca, Jagger e gli altri sono usciti da enormi prefabbricati trasformati in camerini, accanto a una piccola palestra e a un mini ospedale da campo. «Hanno cenato, bevuto, e poi sono saliti sul palco — racconta il vignaiolo —. Finito il concerto, ognuno ha trovato nel camerino una magnum di Duemani 2014 con la lingua degli Stones e il suo nome sull’etichetta».
Anche D’Attoma è in tournée. Da almeno 30 anni, un live ininterrotto tra le cantine d’Italia. La sua anima è a Riparbella, in provincia di Pisa, dove è approdato nel 2000 con la moglie che si occupava di moda. Ha scelto una collina incolta, occupandola per dieci ettari con vigne di Cabernet, Merlot e Syrah. Fiorentino lui, lucchese lei, mr & mrs Duemani firmano, secondo il critico James Suckling, il miglior vino biodinamico d’Italia.
Quando il Duemani è nato Jagger aveva 57 anni e molte Il dono vite alle spalle, narrate da Christopher Andersen, uno dei biografi che l’ha visto trasformarsi da «studentello di periferia che cantava in stile Mississippi Delta blues a baronetto ribelle del Regno». «Sono da sempre un loro fan, c’ero anche al concerto di Zurigo, con mia moglie — dice D’Attoma —. La mia canzone preferita? È come chiedere il miglior vino, impossibile rispondere». Meglio allora far parlare la musica: «Passami il vino, baby, facciamo un po’ l’amore».