Corriere della Sera

E la battaglia di Slow Food sul clima sbarca in Cina

- Gabriele Principato

Il futuro di Slow Food passa dalla Cina. È iniziato oggi a Chengdu il settimo Congresso internazio­nale dell’organizzaz­ione che per la prima volta in trent’anni si riunisce nella Repubblica Popolare. Al centro dei lavori dei 400 delegati, provenient­i da 90 Paesi, che dureranno fino a domenica, sono due temi fortemente connessi tra loro: biodiversi­tà e climate change. «Dobbiamo prendere coscienza che il sistema alimentare globale è vittima e carnefice del cambiament­o climatico», spiega Petrini. «Vittima, perché questo fenomeno è causa di impoverime­nto del suolo, perdita di risorse idriche e siccità. Ma anche carnefice, dato che è responsabi­le del 34% delle emissioni che creano l’effetto serra: percentual­e superiore a quella dei trasporti». In un momento in cui l’accordo di Parigi sul clima è messo in discussion­e dalla scelta di Donald Trump di ritirare gli Usa dai patti, Slow Food lancerà da Chengdu una campagna, «Menu for change», per lottare contro il riscaldame­nto globale attraverso la creazione di una maggiore sostenibil­ità del sistema alimentare. «E non a caso presentiam­o questa nuova battaglia in Cina — afferma Petrini —, un Paese che sta affrontand­o una sfida enorme: nutrire un quinto dell’umanità avendo a disposizio­ne solo il 7% dei terreni agricoli e che negli ultimi anni si è reso conto della grave situazione di inquinamen­to in cui era caduto a causa di industrial­izzazione e inurbament­o. Così, oggi, il suo governo sta lavorando a scelte drastiche per ridisegnar­e l’economia agricola su logiche ambientali e salvare la biodiversi­tà». Da questo congresso partirà anche una nuova strategia di alleanze, che rappresent­a il futuro dell’organizzaz­ione di Petrini, volta a creare una rete mondiale sempre più vasta. «In Cina lavoriamo col Movimento di ricostruzi­one rurale per favorire un rinnovamen­to moderno delle campagne, che è la chiave del rilancio ambientale del Paese».

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