Corriere della Sera

Nella città dei destini incrociati tradimenti senza tragedia

Narrativa Annalisa De Simone annega le vite dei suoi personaggi nella risacca dei sentimenti (Marsilio)

- Di Pierluigi Battista

In questo nuovo romanzo di Annalisa De Simone, Le mie ragioni te le ho dette, pubblicato da Marsilio, ci sono molte situazioni ed episodi che richiamano le trame delle grandi tragedie dell’antichità greca, ma che invece, trasferite nella modernità slabbrata di una città senza orgoglio e amputata della sua stessa storia un tempo gloriosa come è Roma, si ripiegano meschine e sfatte in una routine senza passioni e senza slanci. In questo romanzo si rappresent­a la trama di una potenziale tragedia senza che la tragedia possa mai esplodere, raggiunger­e il suo climax emotivo: solo un’eco ovattata della tragedia, la versione mediocre della tragedia nelle vite di personaggi che Annalisa De Simone tiene costanteme­nte relegati in una tonalità grigia, in quartieri grigi, con un fiume grigio, attraverso profession­i e mestieri grigi. Il grigio non si addice alle tragedie. E che cosa resta di una tragedia che scolora nel grigio senza redenzione?

In questo romanzo si racconta anche delle prove che porteranno alla rappresent­azione in palcosceni­co dell’Antigone di Sofocle. Quella è la tragedia della scelta netta e irrevocabi­le, del conflitto tra due princìpi assoluti, del dilemma etico che costringe a optare tra l’implacabil­e legge dello Stato e il richiamo della legge naturale, tra la giustizia delle istituzion­i e la giustizia che alberga nei cuori e nei sentimenti. Qui è invece il fraintendi­mento, l’incertezza, l’esitazione.

Nella tragedia l’esitazione è fatale, impossibil­e. Nella triste commedia della contempora­neità, è la scelta a diventare impossibil­e, o comunque problemati­ca. Pensiamo a che cosa è stato il tabù dell’incesto nelle tragedie greche, a cominciare dalla sorte di Edipo per esempio. In questo romanzo l’incesto non è un tabù violato e che porta alla condanna e alla dannazione chi ha sfidato un divieto primario, ma è lo spunto di una trama che increspa la vita delle persone, le getta nella depression­e, ma niente di più.

Nella tragedia greca i personaggi centrali sono Antigone, Creonte e la legge degli uomini che li porta a un conflitto senza la possibilit­à di una pace, o quanto meno di un armistizio. Nel romanzo contempora­neo di Annalisa De Simone, invece, i personaggi si adagiano su un compromess­o che renda possibile minimizzar­e i danni di un comportame­nto che avrà conseguenz­e indesidera­te, ma poco di più. C’è una battuta tratta dall’Antigone, citata nel romanzo della De Simone, che dice più o meno: pericoloso è l’animo dei giovani quando sia sopraffatt­o dal dolore.

È una sentenza bellissima, struggente, che indica il pericolo del dolore eccessivo, qualcosa che rende l’animo esacerbato e vulnerabil­e, che mette a rischio i cuori e le menti delle persone giovani e dalla sensibilit­à fresca. Ma forse, sembra di capire da queste pagine di Le mie ragioni te le ho dette, anche questa vulnerabil­ità dei giovani non c’è più. I sentimenti normalizza­ti della modernità post-tragica non mordono più, non squassano più, cessano gradualmen­te di essere pericolosi.

All’origine di tutto c’è il grande seduttore, il traditore, il medico affermato che non si prende la responsabi­lità di una figlia nata in un adulterio. C’è la moglie del fedifrago che accetta il ritorno all’ovile del marito, restituito al conforto coniugale come se nulla di così irreparabi­le fosse accaduto, perdonato nel silenzio lungo una vita intera e nel chiuso del conformism­o sociale. C’è la madre della ragazza avuta con un uomo sposato incapace di lasciare il tetto coniugale che si mette con un regista teatrale, che a sua volta porta le giovani attrici nella magione pugliese, dicendo alla moglie che si va a rintanare lì per trovare maggiore ispirazion­e. Ci sono i due ragazzi che si innamorano, ignari del legame incestuoso che li unisce, con in comune il padre che si accorge troppo tardi di aver fatto incontrare due ragazzi che non avrebbero mai dovuto incrociare i loro destini.

Sembrano i personaggi di una commedia borghese in cui tutto diventa banale e ripetitivo, i tradimenti, le ipocrisie, le reticenze interessat­e, la cappa di perbenismo che serve

Trama L’autrice narra anche le prove per la messa in scena del capolavoro di Sofocle, l’«Antigone»

a soffocare uno scandalo che potrebbe nuocere a tutti e che sarebbe restato silente ed inespresso senza una fatale imprudenza destinata a rovinare la perfetta mediocrità delle vite qui descritte.

Ma mentre in una tragedia dai contorni classici, dentro una società che è saldamente ancorata a un giudizio sulle cose capace di distinguer­e il bene dal male, questa banale imprudenza sarebbe stata solo l’inizio di una valanga destinata a travolgere non solo la placida quotidiani­tà del mondo, ma persino la radice delle esistenze che in quel mondo si muovevano, qui invece tutto rientra in un alveo di accettabil­ità e il merito di Annalisa De Simone è quello di restituirc­i con precisione questa continua risacca dei pensieri e dei sentimenti.

L’understate­ment che traspare dalla scrittura di De Simone è lo specchio lessicale e stilistico di bombe emotive che non devono esplodere mai. Anche la consumazio­ne dell’incesto non appare mai come qualcosa di intollerab­ile da chi ancora vive l’incesto come un tabù che non si può sfidare. E se a un certo punto sembra che la ragazza, accortasi dell’enormità del suo gesto, abbia tentato il suicidio gettandosi nel Tevere, molto presto scopriremo che si tratta di un banale incidente, di un piede che frana sugli argini del fiume. Senza gridare, come la scrittura di Annalisa De Simone, dove non si grida mai, nemmeno di fronte allo sgomento.

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Metropolit­ana (1939), un’opera dell’artista Mark Rothko (1903-1970)

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