Nella città dei destini incrociati tradimenti senza tragedia
Narrativa Annalisa De Simone annega le vite dei suoi personaggi nella risacca dei sentimenti (Marsilio)
In questo nuovo romanzo di Annalisa De Simone, Le mie ragioni te le ho dette, pubblicato da Marsilio, ci sono molte situazioni ed episodi che richiamano le trame delle grandi tragedie dell’antichità greca, ma che invece, trasferite nella modernità slabbrata di una città senza orgoglio e amputata della sua stessa storia un tempo gloriosa come è Roma, si ripiegano meschine e sfatte in una routine senza passioni e senza slanci. In questo romanzo si rappresenta la trama di una potenziale tragedia senza che la tragedia possa mai esplodere, raggiungere il suo climax emotivo: solo un’eco ovattata della tragedia, la versione mediocre della tragedia nelle vite di personaggi che Annalisa De Simone tiene costantemente relegati in una tonalità grigia, in quartieri grigi, con un fiume grigio, attraverso professioni e mestieri grigi. Il grigio non si addice alle tragedie. E che cosa resta di una tragedia che scolora nel grigio senza redenzione?
In questo romanzo si racconta anche delle prove che porteranno alla rappresentazione in palcoscenico dell’Antigone di Sofocle. Quella è la tragedia della scelta netta e irrevocabile, del conflitto tra due princìpi assoluti, del dilemma etico che costringe a optare tra l’implacabile legge dello Stato e il richiamo della legge naturale, tra la giustizia delle istituzioni e la giustizia che alberga nei cuori e nei sentimenti. Qui è invece il fraintendimento, l’incertezza, l’esitazione.
Nella tragedia l’esitazione è fatale, impossibile. Nella triste commedia della contemporaneità, è la scelta a diventare impossibile, o comunque problematica. Pensiamo a che cosa è stato il tabù dell’incesto nelle tragedie greche, a cominciare dalla sorte di Edipo per esempio. In questo romanzo l’incesto non è un tabù violato e che porta alla condanna e alla dannazione chi ha sfidato un divieto primario, ma è lo spunto di una trama che increspa la vita delle persone, le getta nella depressione, ma niente di più.
Nella tragedia greca i personaggi centrali sono Antigone, Creonte e la legge degli uomini che li porta a un conflitto senza la possibilità di una pace, o quanto meno di un armistizio. Nel romanzo contemporaneo di Annalisa De Simone, invece, i personaggi si adagiano su un compromesso che renda possibile minimizzare i danni di un comportamento che avrà conseguenze indesiderate, ma poco di più. C’è una battuta tratta dall’Antigone, citata nel romanzo della De Simone, che dice più o meno: pericoloso è l’animo dei giovani quando sia sopraffatto dal dolore.
È una sentenza bellissima, struggente, che indica il pericolo del dolore eccessivo, qualcosa che rende l’animo esacerbato e vulnerabile, che mette a rischio i cuori e le menti delle persone giovani e dalla sensibilità fresca. Ma forse, sembra di capire da queste pagine di Le mie ragioni te le ho dette, anche questa vulnerabilità dei giovani non c’è più. I sentimenti normalizzati della modernità post-tragica non mordono più, non squassano più, cessano gradualmente di essere pericolosi.
All’origine di tutto c’è il grande seduttore, il traditore, il medico affermato che non si prende la responsabilità di una figlia nata in un adulterio. C’è la moglie del fedifrago che accetta il ritorno all’ovile del marito, restituito al conforto coniugale come se nulla di così irreparabile fosse accaduto, perdonato nel silenzio lungo una vita intera e nel chiuso del conformismo sociale. C’è la madre della ragazza avuta con un uomo sposato incapace di lasciare il tetto coniugale che si mette con un regista teatrale, che a sua volta porta le giovani attrici nella magione pugliese, dicendo alla moglie che si va a rintanare lì per trovare maggiore ispirazione. Ci sono i due ragazzi che si innamorano, ignari del legame incestuoso che li unisce, con in comune il padre che si accorge troppo tardi di aver fatto incontrare due ragazzi che non avrebbero mai dovuto incrociare i loro destini.
Sembrano i personaggi di una commedia borghese in cui tutto diventa banale e ripetitivo, i tradimenti, le ipocrisie, le reticenze interessate, la cappa di perbenismo che serve
Trama L’autrice narra anche le prove per la messa in scena del capolavoro di Sofocle, l’«Antigone»
a soffocare uno scandalo che potrebbe nuocere a tutti e che sarebbe restato silente ed inespresso senza una fatale imprudenza destinata a rovinare la perfetta mediocrità delle vite qui descritte.
Ma mentre in una tragedia dai contorni classici, dentro una società che è saldamente ancorata a un giudizio sulle cose capace di distinguere il bene dal male, questa banale imprudenza sarebbe stata solo l’inizio di una valanga destinata a travolgere non solo la placida quotidianità del mondo, ma persino la radice delle esistenze che in quel mondo si muovevano, qui invece tutto rientra in un alveo di accettabilità e il merito di Annalisa De Simone è quello di restituirci con precisione questa continua risacca dei pensieri e dei sentimenti.
L’understatement che traspare dalla scrittura di De Simone è lo specchio lessicale e stilistico di bombe emotive che non devono esplodere mai. Anche la consumazione dell’incesto non appare mai come qualcosa di intollerabile da chi ancora vive l’incesto come un tabù che non si può sfidare. E se a un certo punto sembra che la ragazza, accortasi dell’enormità del suo gesto, abbia tentato il suicidio gettandosi nel Tevere, molto presto scopriremo che si tratta di un banale incidente, di un piede che frana sugli argini del fiume. Senza gridare, come la scrittura di Annalisa De Simone, dove non si grida mai, nemmeno di fronte allo sgomento.