Corriere della Sera

La coppia d’oro della lirica

Il soprano russo e il tenore azero: sposati da due anni, uniti da un disco e dal debutto a Milano Netrebko-Evyazov: «Siamo anche pop e alla Scala sfidiamo i signori loggionist­i»

- Giuseppina Manin

Cantare insieme è un modo di amarsi di più. Per questo cerchiamo di farlo appena possibile» assicurano Anna Netrebko e Yusif Eyvazov, coppia d’oro della lirica, da tre anni innamorati, da due sposati, inseparabi­li nella vita, sulla scena e ora anche in cd. Nel doppio album uscito per Deutsche Grammophon, «Romanza», i due si scambiano effusioni canore sia con le canzoni scritte su misura dal russo Igor Krutoy, sia con una selezione di arie d’opera tra le più romantiche. In un mix di croci e delizie, più delizie che croci, senza tema di enfasi e ardori. Come si addice a due anime russe appassiona­te e ardimentos­e nel cuore come nel guardaroba.

Insomma, se un soprano cosacco incontra un tenore azero la vita diventa un romanzo. E pure una Romanza...

Netrebko: «Sono i rischi del mestiere!»

Eyvazov: «Sono le gioie del mestiere!»

E ora due star dell’opera si cimentano per la prima volta nel pop

N: «Non si vive di solo Trovatore! Se sono belle, le canzoni hanno grande dignità e valore. La gente si emoziona, si riconosce, e canta con noi. Poi magari si incuriosis­ce e ascolta anche il secondo cd, dove scopre gli incanti dell’opera. Il crossover funziona, risponde allo spirito dei tempi, avvicina i giovani a ascolti inediti. Bocelli, Pavarotti, Domingo l’hanno capito. Un genere tira l’altro e tutti insieme fanno milioni di dischi venduti».

Tra le varie canzoni quali preferite?

E: «Quelle in cui cantiamo insieme. Come “Cantami” o “Musica con noi”. Adoro le canzoni russe, così simili per passione a quelle italiane, solo un po’ più tristi. E poi la parola amore è uguale in qualsiasi lingua».

N: «Ci siamo innamorati duettando nella Manon Lescaut Canto Anna Netrebko (46 anni) e Yusif Eyvazov (40) in una «Manon Lescaut». In alto, in una recente immagine per il disco «Romanza» a Roma. In scena siamo due profession­isti, non più coppia ma partner. Però, quando arriva il duetto d’amore è l’occasione per dirci quanto ci amiamo. E se abbiamo bisticciat­o, è un ottimo pretesto per far pace».

E: «Il meglio è quando il libretto prevede un bacio. Ce lo diamo vero».

Il 7 dicembre per l’«Andrea Chenier» che aprirà la stagione della Scala i baci sono previsti appassiona­ti

E: «Il mio primo Sant’Ambrogio, e subito da protagonis­ta! Un debutto da batticuore. Ho vissuto molti anni a Milano, ho assistito a diverse prime scaligere, so cosa vuol dire. Il 7 dicembre un cantante si gioca tutto, è la forca caudina da cui bisogna passare».

N: «Io ci passerò per la terza volta. Nel 2011 ero Donna Anna in Don Giovanni, nel 2015 Giovanna d’Arco e ora Maddalena di Coigny, l’innamorata di Chenier. Un ruolo molto bello, darò tutta la mia anima. E’ incredibil­e che quest’opera manchi dalla Scala da oltre 30 anni... Nel 1985 nella mia parte c’era Eva Marton. E sul podio, proprio come adesso, Riccardo Chailly. Sono felice di lavorare di nuovo con lui, un maestro sensibile come pochi. Di solito i direttori sono severi, ti dicono quello che devi fare e via. Lui invece non impone nulla, ti spiega sempre perché fare un passaggio in un certo modo piuttosto che in un altro».

Avete iniziato a provare?

E: «Ci siamo incontrati un paio di volte. Chailly mi ha già dato indicazion­i preziose, ma le prove vere, anche con il regista Martone, inizierann­o a fine ottobre. Nel frattempo studio, studio, studio. Chenier lo farò a mio modo, senza imitare nessuno. Chiedo solo ai signori loggionist­i di non arrivare prevenuti. Ascoltate e poi giudicate, se non si ascolta con le orecchie libere non si scopre mai niente. Non si può vivere di miti, i Corelli, i Carreras non ci sono più. La lirica è cambiata, è cambiato il modo di cantare. Io mi impegno di dare a Chenier tutta la mia voce e tutto il mio cuore. E’ la mia prova del fuoco, dopo non avrò più paura di niente».

Chenier è una vittima del Terrore. Un clima che ci appartiene

E: «Viviamo tempi in cui nessuno si salva, facciamo finta di niente ma il terrore è entrato nelle nostre vite in modo totale. E non se ne vede la fine. Io sono musulmano, conosco il Corano. C’è scritto non uccidere. Quelli che lo usano come un’arma sono i veri infedeli. Allah è grande, Cristo è grande. Sono la stessa figura. Io vado in moschea ma anche in chiesa, Dio le abita entrambe».

Nel finale dell’opera Maddalena sceglie di morire con Chenier. Un gesto d’amore estremo...

E: «Io non gliel’ho mai chiesto. Ho paura della risposta...»

N: «Son pronta al sacrificio, ma meglio in scena».

Ci siamo innamorati nella «Manon Lescaut» In scena siamo due profession­isti ma il duetto è l’occasione per dirci quanto ci amiamo

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