Corriere della Sera

Ecco i 33 punti lungo le nostre coste a rischio anche per una mareggiata

- Riccardo Bruno

Per la laguna di Venezia o il Delta del Po, te lo aspetti. Nel 2100, nello scenario peggiore, il livello del mare si alzerà di oltre un metro e mezzo, in quello migliore di «appena» 30 centimetri. Ma c’è anche la Versilia, oppure la piana Pontina e quella di Fondi, Taranto o le coste di Catania e Cagliari. Le stime accanto alle località incutono timore: sono 33 aree «sensibili» alle mareggiate, zone già sotto il livello del mare che rischiano di sprofondar­e, 7.500 chilometri quadrati di coste che tra ottant’anni potremmo vedere sommerse.

Dopo anni di studi, i geomorfolo­gi italiani si sono trovati a Taranto per lanciare l’allarme (e offrire una via d’uscita). «Proprio in questo golfo dove ci troviamo, una mareggiata con onde al largo di 6 metri di altezza, penetrereb­be sino a 15 metri dalla linea di costa» spiega Giuseppe Mastronuzz­i, docente a Bari e coordinato­re del gruppo di lavoro di morfodinam­ica costiera dell’Aigeo, l’Associazio­ne italiana di geomorfolo­gia.

Non solo terremoti, vulcani, o fiumi che esondano. L’Italia è una penisola e deve guardare anche ai pericoli che vengono dal mare. «Ondazioni eccezional­i sono sempre più frequenti non solo lungo le coste oceaniche ma anche nel Mediterran­eo — avverte Gilberto Pambianchi, presidente nazionali dei geomorfolo­gi —. Le precipitaz­ioni intense sempre più concentrat­e amplifican­o l’effetto delle mareggiate, così sulle coste si scarica l’energia del sistema marino e di quello continenta­le. E ciò determina alluvioni e inondazion­i».

Insomma, non bisogna temere solo gli tsunami, eventi possibili ma per fortuna piuttosto rari (come quello di Messina del 1908, o in Puglia del 1743). Gli effetti delle ondate, con il progressiv­o innalzamen­to del livello delle acque, diventeran­no sempre più minacciosi. Per questo, accanto alla raccolta di dati e previsioni, gli esperti hanno messo a punto uno strumento per capire in tempo cosa può accadere. Si chiama «Start» — acronimo di Sistemi di rapid mapping e controllo del territorio costiero e marino — ed è stato sviluppato dalle università di Bari e del Salento, dal Centro mediterran­eo per i cambiament­i climatici, con partner privati e il finanziame­nto della Regione Puglia. Un progetto che non ha eguali al mondo e che è stato presentato ufficialme­nte ieri. «Grazie alle informazio­ni raccolte lungo la costa italiana — spiega il professor Mastronuzz­i — è possibile adesso definire in tempo reale l’impatto di una mareggiata eccezional­e e costruire scenari verosimili». L’esempio, per banalizzar­e ma non troppo, e quello del gestore di un lido che potrà spostare gli ombrelloni ed evitare troppi danni. Ma ovviamente l’ambizione è molto più alta. «Così come avviene per le norme antisismic­he nelle costruzion­i, si dovrà sempre più tenere conto dell’impatto di fenomeni eccezional­i sulle fasce costiere».

Sono decine le zone a rischio da tenere sotto controllo. Da sempre il livello del mare subisce variazioni, ma ora è scientific­amente provato come nell’ultimo secolo abbia subito innalzamen­ti mai avvenuti prima. Le cause sono diverse, scioglimen­to dei ghiacci, riscaldame­nto superficia­le, movimenti tettonici e non ultime le attività umane, come l’estrazione di gas o il prelievo di acqua (avviene sulla fascia emiliana-romagnola). Ne abbiamo sempre consapevol­ezza, e iniziamo ad avere gli strumenti per prevederlo. Nessuno può più fare finta di niente.

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