Il cielo sopra Venezia, tra gli angeli e i ricordi «All’ombra di Tiziano creo il mio labirinto»
La dimora dell’artista Soccol, vicino alla basilica dei Frari. Qui pittura e cinema si incontrano
La terrazza profuma di gelsomino, fiori d’oleandro ed essenze di mirto, salvia e lavanda. Tutt’intorno, splendidi giardini nascosti, racchiusi in palazzi che si specchiano nei rii e nei canali. La Casa/Atelier di Giovanni Soccol — architetto, scenografo e artista — è in linea d’aria con la Basilica dei Frari, con Tiziano, Giovanni Bellini, mentre a pochi passi ci sono Lotto e Veronese a San Giacomo dall’Orio, la zona che ha ispirato il film «10 Inverni» girato da Valerio Mieli nel 2009.
Scendendo le scale che portano agli ambienti della suggestiva abitazione, Soccol racconta: «è una dimora d’impianto trecentesco, l’ho acquistata negli anni Settanta dopo che un incendio l’aveva distrutta. L’intervento di ripristino si è rivelato particolarmente impegnativo, tant’è che ho deciso di seguire personalmente i lavori di ristrutturazione».
Esperto di teoria e tecnica del restauro, Soccol si è formato professionalmente con Maestri dell’arte del ‘900: da Guido Cadorin a Mario De Luigi a Gennaro Favai, di cui conserva l’Archivio generale di tutta la sua opera. Soccol si occupa anche di décor d’interni.
Notevole è stato il sodalizio professionale con Carlo Scarpa. Molte sono state le dimore riportate a nuova vita; non solo veneziane ma anche romane: come per Michelangelo Antonioni con il progetto per la sua casa/studio sulla Salaria. Il fascino e la storia di questa casa racchiude un passato di fucina-laboratorio d’idee, di scrittura, di cinema.
Qui vissero i fratelli Pier Maria e Francesco Pasinetti sino agli anni ‘60. Il primo, scrittore (in questa casa scrisse le pagine del romanzo «Rosso Veneziano»), il secondo regista, creatore d’un centro studi sul cinema e scopritore dell’attrice Alida Valli che qui spesso soggiornava.
Maestose torciere veneziane segnano l’ingresso dello Studio dalle grandi «capriate a vista». Una luce intensa arriva dalle vetrate che si affacciano su tetti e altane veneziane. Un effluvio d’essenza di trementina, di olio di lino, avvolge gli ambienti. Uno strabordante numero di pennelli, contenitori di pigmenti di colore assieme a carte, disegni, schizzi e progetti in divenire rimandano ad un mix ricco di connotati alchemici. Si scorge anche un’ottocentesca «fontanella-angioletto» da cui zampilla l’acqua che serve per la pulizia dei pennelli.
«Questo studio, dove lavoro, è lo stesso appartenuto ad Emma Ciardi (raffinata vedutista veneziana del Novecento, ndr) che ha vissuto qui sino agli ‘30, creando, tra gli altri, anche questo dipinto «Vista di Venezia dalle case e tetti». La pittura di Soccol — presente in quasi tutti gli ambienti — è visionaria e ricca d’elementi simbolici. «Mi ha sempre affascinato il tema del Labirinto, come in Borges; il suo sogno era quello di creare uno spazio contemplativo» .E Soccol sembra esserci riuscito.
L’atmosfera dei luoghi dove vive è senza tempo; silenzio, quiete e la luce imperano. «Tutto merito dei grandi lucernari orientati a Nord — spiega Soccol — concepiti secondo i canoni della storia
degli studi di pittura: cogliere, ad ogni ora, la luminosità giusta per riversarla nei dipinti». L’attiguo salone d’incalzante teatralità ospita collezioni d’arte, oggetti e decorazioni. Alle pareti fregi bianco-oro, sopra un mobile un raro esemplare di «SegnaVento d’imbarcazione chioggiotta» in legno traforato. Un eterno dialogo tra passato e presente è animato dalle passioni collezionistiche dei padroni di casa.
«Come questa scultura antica polinesiana che ben si armonizza — dice Margherita Tirelli, moglie di Soccol (archeologa, già direttore del Museo Nazionale d’Altino, Venezia) — con i vetri di Murano ‘900 e questo «giocattolo con figure mobili» costruito dal padre di Soccol con legno d’alberi delle Dolomiti». Profuma ancora di bosco...