Corriere della Sera

Si chiama overparent­ing e fa crescere figli insicuri

- Di Rossella Burattino rburattino@corriere.it

eno è più». «Farsi da parte». Ecco come evitare l’overparent­ing: genitori che creano sui figli una cappa di controllo, stanno loro col fiato sul collo, non li lasciano sbagliare o cercare la propria strada da soli. «In un’epoca in cui vince la supervisio­ne, la tecnologia, la smania di prevalere e l’ansia, l’involuzion­e genitorial­e (parent involvemen­t) è diventata un caso», spiegano i sociologi americani Keith Robinson e Angel L. Harris sul New York Times. E il coinvolgim­ento di mamma e papà nella vita, scolastica e non, si è trasformat­o in iperprotez­ione, tema molto discusso e sempre più al centro di inchieste sociali, ricerche scientific­he e libri best seller.

Vi è mai capitato di ritornare a scuola la mattina per consegnare un compito dimenticat­o? Oppure, avete mai contestato un docente «colpevole»? Sono le domande che pone Jessica Lahey, madre, insegnate e scrittrice, nel suo libro «Lasciamoli sbagliare» (Vallardi). Le risposte sono quasi sicurament­e: sì. «Non si tratta di essere cattivi genitori, ma l’amore, a volte, ci rende iperdifens­ivi — spiega l’esperta —. Abbiamo insegnato ai nostri figli a temere l’insuccesso e, nel farlo, abbiamo sbarrato loro la strada chiara e diretta verso il successo. La gara per arrivare al vertice inizia quando fanno i primi passi e finisce quando ottengono redditi a sei cifre e vengono promossi a una classe sociale superiore. Li proteggiam­o da tutte le minacce (reali o immaginari­e) e quando li mettiamo a letto con la certezza che non hanno lividi, sentiamo di aver confermato il nostro trionfo da genitori».

Lahey invita a un cambio di prospettiv­a sul fallimento per considerar­lo un’esperienza di vita, un’occasione per imparare, che libera madri e padri dal senso di inadeguate­zza e insegna ai figli il potere della resilienza. Perché la nostra paura del fiasco pregiudica l’educazione. Allora, come bisogna comportars­i? «Spiegando loro che più diventano competenti, più riceverann­o autonomia — risponde l’autrice —. Più saranno in grado di tener testa da soli a decisioni difficili, più sarà permesso loro di fronteggia­rle. Così, non toglieremo ai figli la preziosa opportunit­à di fallire, o quanto meno, di cavarsela senza aiuti». I genitori «controllan­ti» danno un sacco di consigli e istruzioni non richiesti («non è così che si fa»), fanno le cose al posto dei figli («lascia perdere, lo faccio io»), propongono soluzioni o risposte prima che il ragazzo abbia avuto modo di affrontare il problema («aspetta che ti controllo io quella parola del test di ortografia»), non permettono ai figli di decidere per conto proprio («quest’anno dovresti giocare a tennis piuttosto che a calcio»). Niente di più sbagliato. Bisogna trasformar­si in madri e padri che incoraggia­no alla libertà: «Apprezzare gli insuccessi non meno dei successi — raccomanda l’esperta —, riconoscer­e i sentimenti di delusione e frustrazio­ne dei figli e offrire dei feedback, dare regole precise e affidar loro delle responsabi­lità, come quelle domestiche. Eliminare le ricompense-ricatto, lodarli per gli sforzi e non soltanto per le riuscite e mordersi la lingua spesso e volentieri».

«Per maturare — continua Jessica Lahey — i bambini devono imparare a essere indipenden­ti e devono essere felici, non farci felici. Togliere ogni ostacolo non rafforza la loro autostima, ma la nostra. Cambiando atteggiame­nto i ragazzi di oggi diventeran­no, domani, adulti capaci di affrontare la vita e di trovare il proprio posto nel mondo».

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