Viaggio nel mondo della disabilità (e in una famiglia molto speciale)
«La sorpresa era trovarmi a far parte di una minoranza oppressa e bistrattata. Essendo maschio, bianco, eterosessuale e abbiente era a dir poco inaspettato». Alle prese con le difficoltà di un primo viaggio da affrontare sulla sedia a rotelle, George Hornby prende consapevolezza del suo status di disabile. Certo, avrà provato rabbia per l’inaccessibilità di certi luoghi ma decide di ammantare lo stato d’animo con l’ironia. Caratteristica molto presente tra le persone con disabilità. Una strategia per conquistare il mondo dei «normodotati» e neutralizzare l’odiosa sensazione di pietismo? O una filosofia di vita per reagire a una condizione più avversa di altre? Forse tutt’e due. Ma certo leggendo il nuovo libro di Simonetta Agnello Hornby Nessuno può volare, un senso di levità fa risplendere un’esistenza segnata da una forma di sclerosi multipla rara per la quale non ci sono rimedi. È la malattia di George, figlio maggiore di Simonetta, che riceve la diagnosi quasi in contemporanea con la nascita della sua primogenita. Beffardo è il destino. «Come noi non possiamo volare — riflette la scrittrice — così George non avrebbe potuto camminare: questo non gli avrebbe impedito di godersi la vita in altri modi. Nella vita c’è di più del volare, e forse anche del camminare. Lo avremmo trovato, quel di più».
In un libro a due voci quel «di più» gli Agnello Hornby lo trovano nel territorio più sfidante: nel viaggio. Un grand tour in Italia che la scrittrice palermitana trasferitasi in Inghilterra (dove ha sviluppato la carriera di avvocato dei minori) propone al figlio anglo-italiano. Che accetta, immedesimandosi nello spirito di Phileas Fogg, protagonista del Giro del mondo in 80 giorni di Verne: ciò che è vero in teoria, deve diventarlo anche nella pratica.
Ma prima di questa avventura, è Simonetta a intraprendere un viaggio personale nel mondo della disabilità. E lo fa attraverso i ricordi dell’infanzia. Scopriamo l’antenata Gesuela orgogliosa di farsi ritrarre con il piede caprino; Giuliana, la bambinaia zoppa; Ninì, cugina della mamma, sordomuta; il papà con l’osteomelite al quale amputano una gamba. Sono disabilità vissute dalla famiglia Agnello con naturalezza e con quel pudore che una volta faceva dire per esempio di un cieco «che non vede bene». Una disabilità «camuffata», così come, scopre la Agnello nelle sue passeggiate londinesi, invisibili sono i disabili nelle rappresentazioni ufficiali. Tra i dipinti alla National Gallery compaiono come mendicanti o sono funzionali ai miracoli di Cristo. Anche le nane di corte, le meninas di Velazquez, vengono ritratte con lo stesso volto, «come se non avessero un’anima». E i monumenti: Samuel Johnson, autore del primo dizionario ufficiale della lingua inglese, noto e schernito per la bruttezza e le patologie, compare come un Adone nella cattedrale di St Paul; il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, colpito dalla poliomelite a 39 anni, svetta in piedi nella statua a Grosvenor Square. L’unica menomazione accettata è per meriti di guerra: Lord Nelson a Trafalgar Square può mostrare la manica destra vuota per l’arto perso nella battaglia di Tenerife.
Constatata la discriminazione storica, il viaggio di Simonetta e George in Italia, realizzato con la casa di produzione Pesci combattenti, oltre a rinsaldare un legame familiare assume il valore di un’inchiesta sulle attuali condizioni di accessibilità. E qui certo Phileas Fogg avrebbe avuto molti problemi. L’Italia che per quanto riguarda la disabilità può vantare una legislazione sensibile e inclusiva, nei fatti è un percorso a ostacoli: piazza Duomo a Milano ha un solo scivolo, Roma presenta marciapiedi scomodissimi e la visita al Foro Italico con le statue di superatleti ha un fastidioso senso di eugenetica; nelle stazioni del metrò di Napoli tra i treni e la banchina ci sono 15 centimetri; a Palermo bisogna usare gli ascensori degli assessorati per arrivare alla Cappella Palatina. Ovunque c’è qualche gradino di troppo, qualche ristringimento; e il bagno per disabili è spesso guasto, oppure non ha l’asse per sedersi o è sprovvisto di sapone. Certo, con il cuore e la disponibilità di molti una soluzione alla fine si trova, ma resta un’arretratezza culturale sul tema disabilità, una mancanza di attenzione che va a braccetto con il pressapochismo.
Eppure si va avanti, le cose cambiano, non si è più così invisibili: le persone con disabilità stanno diventando un soggetto politico. Il libro ci lascia questa eredità: vale la pena di continuare idealmente il viaggio di Simonetta e George. Con determinazione, realismo. E un pizzico di ironia.
Inchiesta La scrittrice e il figlio, colpito da sclerosi multipla, scoprono l’Italia più inaccessibile