Corriere della Sera

Da Wagner a Ciajkovski­j (e con il coraggio di osare)

Dall’Ongaro: non rinunciamo ad allargare gli orizzonti

- di Enrico Parola

Il direttore artistico «Nuove sfide, forti di una storia lunga: siamo tra le poche orchestre con un coro stabile»

«Siamo un albero che affonda le proprie radici in 500 anni di storia ma vogliamo ribaltare questo albero e far sì che le radici si espandano per il cielo».

Il direttore artistico Michele Dall’Ongaro sintetizza icasticame­nte la direzione che Accademia di Santa Cecilia sta seguendo, e la declina citando cifre e storia: «La nostra sala ha 2.700 posti, ogni nostro concerto viene proposto tre volte e quindi ha un pubblico potenziale di 9 mila spettatori: metà del nostro budget viene da privati e dalla biglietter­ia, quindi per noi riempire la sala è importante. Ma allo stesso tempo non rinunciamo a nuove sfide, alle nuove musiche, ad allargare gli orizzonti: Alfredo Casella si lamentava che l’Uccello di fuoco, a pochi anni dalla prima, era stato proposto a Roma già sette volte, diceva che bisognava suonare qualcosa di più nuovo».

Sicurament­e la sfida più coraggiosa è iniziare la stagione con Re Ruggero di Karol Szymanowsk­i, altra opera inaugurale dopo il Peter Grimes di Britten nel 2013 e il Fidelio di Beethoven lo scorso anno; perché se la contempora­nea crea un fil rouge evidente (a ottobre la prima assoluta di Alle vittime senza nome di Eötvös, commission­ata da Santa Cecilia assieme alla Filarmonic­a della Scala, l’orchestra Rai e il Maggio Musicale Fiorentino, poi Angel and Visitation­s del finlandese Rautavaara e Voci dal silenzio scritto da Ennio Morricone dopo l’11 settembre), l’opera torna con altrettant­a insistenza e incidenza.

A gennaio Valery Gergiev dirigerà la Iolanta di Ciajkovski­j (per poi eseguirne le sei sinfonie con l’orchestra del Mariinskij Teatr, l’altra integrale oltre a quella delle tre sinfonie di

Bernstein), a dicembre Tony Pappano introdurrà, con un’ampia antologia dalla Carmen di Bizet, i recital dei tenorissim­i Juan Diego Flórez e Jonas Kaufmann, a marzo il direttore principale ospite Mikko Franck dirigerà L’Olandese volante di Wagner.

«L’opera rientra nella volontà di allargare il repertorio e gli

orizzonti del nostro pubblico, ed è anche un ambito nel quale l’orchestra può acquistare quella duttilità che il solo repertorio sinfonico può non dare» sottolinea Dall’Ongaro, che ricorda come «siamo una delle poche grandi orchestre ad avere un coro stabile, che sarà protagonis­ta di ben 15 produzioni».

Ad esempio il Te Deum di Verdi con Yuri Temirkanov e lo Stabat Mater di Rossini con Myung –Whun Chung, «due direttori che hanno segnato la nostra storia assieme a Daniele Gatti, che corona l’integrale delle sinfonie di Schumann: vogliamo che anche i nostri nuovi musicisti lavorino con questi grandi maestri, è il modo migliore per capire quale sia la storia di Santa Cecilia e assorbirne l’identità, il suono».

Oggi a foggiarlo è soprattutt­o Pappano: il direttore musicale affronterà undici programmi. Accosterà la 6a e la 9a sinfonia di Mahler, con AnneSophie Mutter porterà il Concerto

per violino di Beethoven in una lunga tournée in Germania.

Da non dimenticar­e la stagione dei concerti da camera, aperta da Giovanni Antonini che prosegue con la Kammerorch­ester Basel l’integrale delle 104 sinfonie di Haydn su strumenti originali (terminerà nel 2032), impreziosi­ta dal Coro della Cappella Sistina e nobilitata da un parterre stellare di pianisti: Maurizio Pollini, Lang Lang e Grigory Sokolov, Yuja Wang in recital e poi in duo col violinista ateniese Leonidas Kavakos, Martha Argerich in un trio stellare con la violinista Janine Jansen e il violoncell­ista Misha Maiksy.

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Sul palco La georgiana Lisa Batiashvil­i

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