Il ritorno di coach Banchi «Torino, voglio i playoff»
C’è Sasha Vujacic che in allenamento infila una tripla dietro l’altra e gli occhi di Luca Banchi brillano: «L’abbiamo preso perché ne sbagli meno possibile...». Sorride il nuovo coach della Fiat Torino, osservando l’ex stella Nba diventata il simbolo della rinnovata e ambiziosa Auxilium.
Vujacic l’ha definita uno dei migliori coach d’Europa.
«Ruffiano, voleva guadagnarsi minuti... (ride, ndr). Sasha è un leader riconoscibile dentro la squadra per personalità e valore tecnico; è punto di riferimento e stimolo per i compagni. È un innamorato del gioco e qui ha riscoperto il gusto di competere».
Il coach di Milano, Pianigiani, di cui lei è stato vice, vi ha indicato come possibile rivelazione.
«Voglio costruire un buon gruppo con giocatori che intendono sacrificarsi. Il sudore attacca più della colla, dicono in America. La nostra sfida è spingerci oltre i valori riconosciuti: c’è il desiderio di costruire una mentalità che ci spinga a livelli di performance più alti, con continuità».
Torino si presenta con sette giocatori nuovi.
«La versatilità è la nostra unicità e deve diventare anche la nostra imprevedibilità. Intendo valorizzare Washington, Okeke, Garrett, Mazzola che possono essere duttili, flessibili e coprire più ruoli».
Completano il roster capitan Poeta, Patterson, Mbakwe, Jones, Iannuzzi e Parente: ecco la Fiat che tornerà in Europa dopo 30 anni.
«L’Eurocup sarà una grande vetrina per tutti ma anche un’occasione per elevare le nostre prestazioni. Vorremmo che gli stimoli europei si manifestassero in campionato in una crescita ancora più repentina di quella immaginata».
Quale traguardo?
«Punto a obiettivi ambiziosi che non sono mai stati nascosti: i playoff e la Final Eight di Coppa Italia. Ma non ho mai pensato che la vittoria sia frutto della previsione o di un valore assegnato dal mercato estivo. Abbiamo la responsabilità di prepararci al meglio a vincere: i risultati saranno la conseguenza».
Al raduno, però, lei si era sfogato per scelte di mercato non interamente condivise con la società...
«La vicenda è chiusa, ognuno si è preso le proprie responsabilità. Ora siamo concentrati solo sulla squadra».
Lei torna in panchina a due anni dalla rottura con Milano: c’è voglia di rivalsa?
«Assolutamente no, soltanto grande amarezza. Credevo di poter meritare di portare avanti quel ciclo triennale. Ma questo non mi darà mai un senso di rancore o di rivalsa nei loro confronti: sono grato per quella opportunità».
Come sta il basket italiano dopo l’Europeo?
«Non sono totalmente d’accordo con la severità di giudizi emersi perché la Nazionale era una versione purtroppo ridotta di quella generazione dalla quale era legittimo attendersi, negli ultimi due-tre anni, qualche risultato in più. Ma resta una delle migliori generazioni di sempre. Purtroppo non siamo stati capaci di convogliare le energie, di creare un reale senso comune; il talento è rimasto piuttosto isolato».
Cosa riuscita, invece, alla Slovenia campione.
«Mi ha stupito il loro spirito, la consapevolezza di avere grandi potenzialità, la loro unione. Cose che a noi sono mancate. Poi in Italia basta farsi un giro nelle palestre...».
E si scopre che?
«Che c’è un depauperamento pazzesco a livello numerico sotto il profilo qualitativo, della proposta tecnica, dell’insegnamento del gioco, della valorizzazione dei giocatori, della formazione degli allenatori».
A chi spetta il cambio di marcia?
«Con la riduzione degli investimenti delle società di vertice, non si può prescindere dalla Federazione, l’unica in grado si stimolare il movimento a livello economico e di pianificazione».
Voglio giocatori che si sacrificano Il sudore attacca più della colla, dicono in America