Corriere della Sera

Di Maio attacca: il sindacato cambi o ci pensiamo noi

L’avvertimen­to del leader Cinque Stelle: cambiate o una volta al governo ci penseremo noi Dura replica di Camusso: un linguaggio autoritari­o e insopporta­bile che dimostra ignoranza

- Di Frischia, Trocino

«Cambiate o una volta al governo ci penseremo noi»: il leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio attacca i sindacati. «Abbiamo iniziato da anni il processo di autoriform­a» dice al Corriere Carmelo Barbagallo, segretario Cisl. Per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «I sindacati hanno la loro autonomia, che va rispettata».

«I sindacati si autoriform­ino o ci pensiamo noi». Luigi Di Maio ormai parla con piglio da premier e al Festival del Lavoro di Torino prende di mira le organizzaz­ioni sindacali, che reagiscono indignate per gli attacchi.

Di Maio affronta il tema senza troppi giri di parole e, dopo aver parlato di «sindacalis­ti che prendono la pensione d’oro e finanziame­nti da tutte le parti», attacca: «Se il Paese vuole essere competitiv­o, le organizzaz­ioni sindacali devono cambiare radicalmen­te. Dobbiamo dare possibilit­à alle organizzaz­ioni giovanili di contare nei tavoli della contrattaz­ione, serve più ricambio. O si autoriform­ano o quando saremo al governo ci penseremo noi». Il leader politico dei 5 Stelle parla anche degli scenari futuri: «Al di là di quello che vogliamo, sta arrivando la Smart nation, un nuovo modello di Paese in cui i lavori si trasforman­o e non dobbiamo avere paura che si perdano. Secondo una ricerca, il 50% dei posti di lavoro nel 2025 sarà legato al settore creativo, turismo, cultura e nuove tecnologie, mentre il 60% delle profession­i attuali si trasformer­à o sparirà».

Susanna Camusso, leader della Cgil, non la prende bene: «Il linguaggio di Di Maio è autoritari­o e insopporta­bile. Parla di cose che non conosce. Non sa com’è fatto un sindacato, non sa che non è un’organizzaz­ione statuale ma una libera associazio­ne. Non sa che il sindacato cambia in continuazi­one, perché a differenza di altri soggetti, è radicato nei luoghi di lavoro ed è composto da decine di migliaia di militanti». Anche Annamaria Furlan, della Cisl, invita al dialogo: «Non abbiamo bisogno di slogan o di aprire nuovi scontri ideologici tra la politica ed il sindacato. Di Maio lasci perdere queste inutili polemiche e si concentri sui veri problemi del Paese, a cominciare da come offrire un lavoro stabile ai giovani». Per Maurizio Landini, componente della segreteria Cgil, «il sindacato non è di proprietà né di Di Maio né dei sindacalis­ti, ma dei lavoratori. Quindi se lui vuol fare una cosa per i lavoratori approvi la legge sulla rappresent­anza depositata dalla Cgil».

Sulla questione intervengo­no anche due esponenti del governo. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «I sindacati hanno la loro autonomia, va rispettata». E il ministro Maurizio Martina: «Il sindacato gioca un ruolo decisivo per lo sviluppo in ogni grande Paese avanzato. Ci si deve confrontar­e come giusto che sia — anche non condividen­do specifiche posizioni —. Ma occorre costruire insieme alla rappresent­anza sociale le scelte fondamenta­li per lo sviluppo e la coesione. Più c’è condivisio­ne e più si rafforza il Paese».

Da sinistra, arrivano gli strali di Arturo Scotto (Mdp): «Ho pensato a un altro ventennio, quando di sindacato ce n’era solo uno, al servizio del governo». E di Nicola Fratoianni (Sinistra italiana): «La minaccia ai sindacati? Di Maio è diversamen­te renziano, come Renzi è diversamen­te berlusconi­ano».

E anche da destra arrivano attacchi a Di Maio: «I sindacati hanno mille difetti — dice Maurizio Gasparri —. Ma che di lavoro e sindacati parli uno come Di Maio, che non ha mai conosciuto un lavoro in vita sua, è veramente il colmo. Questa nullità assoluta, che non governerà mai l’Italia e nemmeno il condominio dove abita, dovrebbe tacere su questo e ogni altro argomento. I grillini sono l’Italia peggiore».

La difesa di Poletti Il ministro del Lavoro: «I sindacati hanno la loro autonomia e va rispettata»

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