Corriere della Sera

Le 4 «imam» nelle carceri

Il progetto sperimenta­le anti radicalizz­azione su un migliaio di reclusi di 8 penitenzia­ri italiani Fra le guide spirituali anche quattro donne: «Spieghiamo il Corano, spesso ad analfabeti»

- Di Goffredo Buccini

La prima volta ad ascoltarle erano solo in cinquanta. Yamina e le altre tre sono le guide spirituali islamiche, le «imam», scelte per il progetto anti radicalizz­azione che si sta sperimenta­ndo in otto penitenzia­ri italiani.

La prima volta, al carcere di Bollate, non tutti le hanno prese sul serio: alcuni sono rimasti nelle celle, diffidenti o, forse, oltraggiat­i da quella presenza femminile. Ma lei e la sua collega Soraya non si sono perse d’animo. «Abbiamo parlato del perdono», dice: «Se il Creatore perdona noi, noi dobbiamo perdonarci a vicenda...». Libro alla mano, Sura 39, versetto 35: «Allah cancellerà le loro azioni peggiori e li compenserà per ciò che di meglio avranno fatto».

Yamina e le altre

Già, perché Yamina Salah se l’è studiato a fondo, il Corano, s’è laureata in diritto islamico ad Algeri, è presidente­ssa delle donne musulmane d’Italia e può spiegare detti e precetti del Profeta a chi non è neppure in grado di leggerli («in prigione abbiamo trovato un 70 per cento di analfabeti tra la nostra gente, tanti non hanno fatto neppure le scuole, per questo sono così rigidi, chiusi»).

L’Ucoii, la più forte organizzaz­ione islamica italiana, ha mandato lei e Soraya Houli a Milano, la marocchina Fatna Ajiz a Verona e la tunisina Fattum Boubaker a Canton Mombello, nel Bresciano, a predicare tra i detenuti che vengono da Paesi musulmani, per prevenire la radicalizz­azione, sostituire parole di tolleranza a litanie di rancore: quattro guide spirituali in aggiunta a otto imam accreditat­i dal nostro ministero. «Un salto culturale», dice Gennaro Migliore, sottosegre­tario alla Giustizia: «Una delle maggiori distorsion­i del radicalism­o sta proprio nel disconosci­mento del valore delle donne».

Il progetto sperimenta­le

«La prima volta erano cinquanta detenuti, nel teatro del carcere», racconta Yamina (Bollate ha un’importante tradizione di recupero legata alle sue attività teatrali): «Poi abbiamo sentito le voci che giravano tra loro... “sono donne in gamba”, dicevano. È andata meglio». Il progetto, in gestazione per oltre un anno, è infine partito sei mesi fa: in collaboraz­ione tra il Dap (il nostro dipartimen­to penitenzia­rio) e l’Unione delle comunità islamiche d’Italia. L’Ucoii, un tempo assai vicina alla Fratellanz­a Musulmana, è stata riformata con coraggio dal suo presidente Izzedin Elzir, palestines­e di Hebron, imam a Firenze, convinto che la fede sia una libera scelta e il velo lo sia ancora di più (ha una figlia diciassett­enne, Lin, che, benché credente, non lo indossa): «Alle donne che subiscono imposizion­i o violenze noi diciamo: denunciate, denunciate, denunciate».

I numeri

Le carceri coinvolte nel progetto pilota sono per il momento otto (Torino, Cremona, Modena, Solliccian­o a Firenze, San Vittore a Milano oltre a Bollate, Canton Mombello e Verona). La partecipaz­ione va dagli 80 ai 140 detenuti per carcere: dunque circa un migliaio di detenuti sugli undicimila provenient­i da Paesi islamici oggi reclusi in Italia. È un inizio, un segno. Secondo il XIII rapporto dell’associazio­ne Antigone (che cita il ministero della Giustizia) i detenuti islamici a rischio sarebbero 365. Di questi, 165 sono «monitorati» («con condanne o precedenti di proselitis­mo»); 76 «attenziona­ti» (per atteggiame­nti che fanno «presupporr­e la vicinanza all’ideologia jihadista», il più scontato dei quali è l’esultanza dopo gli attentati) e «124 segnalati» («per relazioni con soggetti che appartengo­no ai due precedenti livelli»). Un aggiorname­nto delle cifre, benché non ufficiale (si tratta di dati riservati), induce a ritenere che sensibili al contagio jihadista possano essere al momento almeno quattrocen­to detenuti. I criteri sono elaborati dal Nic, il nucleo investigat­ivo centrale della polizia penitenzia­ria, e dal Casa, il comitato di analisi strategica antiterror­ismo.

Migliore sostiene che al Casa circolino «ogni settimana notizie aggiornate che vengono dal carcere e dal mondo attorno al carcere». Il rapporto con le comunità «è fondamenta­le», dice, per conoscere e prevenire. Ma il terreno è assai accidentat­o. Il criminolog­o Alvise Sbraccia ha spiegato per il dossier di Antigone come gli imam venuti dall’esterno, per bravi e motivati che siano, vengano spesso considerat­i «spie» dai detenuti musulmani che preferisco­no scegliersi un imam tra i compagni di prigionia (per l’Islam, imam può essere chiunque diriga la preghiera e venga eletto dagli altri). Ciò fa capire perché in dieci anni siano stati appena 22 gli imam accreditat­i dal ministero dell’Interno e ammessi nei nostri istituti di pena. E in fondo dà anche la misura della sfida lanciata dall’Ucoii.

La sfida

Gli italiani convertiti all’Islam sono un centinaio. «E non devono assolutame­nte radicalizz­arsi perché non potrebbero neppure essere espulsi, appunto in quanto italiani», ragiona Izzedin Elzir: «In carcere ci si può convertire per cose semplici, piccole, per gentilezza, per un dattero...». Nel totale dei detenuti a rischio vanno naturalmen­te compresi i più a rischio di tutti, quei 44 arrestati per reati di terrorismo internazio­nale, sottoposti al regime di As2 (alta sicurezza 2) a Sassari e Rossano Calabro. Da laggiù, la strada delle guide islamiche e della ragione contro il radicalism­o appare ancora tutta da inventare.

«Eppure dobbiamo spiegare a queste persone, che proclamano con durezza “il Profeta ha fatto così, il Corano dice così”, come nella pratica dell’Islam ci siano tante cose che si possono fare in modo più leggero, più facile», sorride lieve Yamina. Che si coccola il ricordo migliore: «A giugno un ragazzo che doveva essere scarcerato mi ha detto: “Quale moschea mi consigli?”. Aveva paura di finire in una moschea radicale, cercava già il pensiero più equilibrat­o. Uscendo ha pianto».

La prima volta erano in 50 Poi li abbiamo sentiti dire “sono donne in gamba”... È andata meglio

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Leader Yamina Salah guida le donne musulmane in Italia
Leader Yamina Salah guida le donne musulmane in Italia

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy