«Oggi ci conteremo e poi saremo coerenti No a rotture brutali»
Il leader Puigdemont: non si ignora la volontà di un popolo
Tutto il mondo lo osserva per capire se e come, in una democrazia, si possa tentare qualcosa di tanto dirompente come sottrarre a uno Stato un quinto del suo Pil e un sesto della sua popolazione. Carles Puigdemont, presidente della regione autonoma di Catalogna, vuole separare Barcellona da Madrid. Non ha terroristi in azione o truppe straniere sul terreno, ma dice al Corriere di avere il sostegno del popolo. «Niente è eterno, tanto meno i confini» e «i cambiamenti sociali, economici e tecnologici spingono tante comunità del mondo occidentale a chiedere un cambio nella forma di governo. I partiti devono adattarsi, ascoltare e dare risposte senza drammatizzare. I valori restano quelli di sempre: la democrazia, il rispetto dei diritti dell’uomo».
President Puigdemont, dopo tanti sequestri, sigilli, arresti, contestazioni legali, critiche dal governo centrale come da centinaia di intellettuali, può ancora sperare che il referendum sull’indipendenza non solo si svolga normalmente, ma sia da considerare politicamente valido?
«Chiaro che non è come avremmo voluto. Ma non sarà una semplice festa, piuttosto un atto politico di gran trascendenza. Ci conteremo e saremo coerenti. Chi vuole boicottare lo faccia, è suo diritto. Se veramente fossero convinti di avere una grande maggioranza che desidera l’unità avrebbero potuto votare e il caso si sarebbe chiuso».
Chiedere ai cittadini di andare ai seggi quando la magistratura li dichiara anti costituzionali, la polizia ha l’ordine di chiuderli, non ci sono osservatori dei partiti di opposizione e non si sa se ci saranno liste o sistemi di controllo… È giusto?
«Io chiedo ai concittadini di votare in un referendum che un parlamento democraticamente eletto ha approvato. Votare non è un delitto, le schede ufficiali ci saranno come le liste, gli scrutinatori e tutto Confini Niente è eterno, tanto meno i confini. Gli unionisti non ci hanno lasciato altra scelta
quanto serve. Abbiamo lavorato con discrezione per poter rispondere all’ostruzionismo di Madrid. Abbiamo piani B, C e D. L’obbiettivo è mantenere le operazioni di voto su binari pacifici, magari anche festaioli come abbiamo fatto sin qui perché è così che siamo diventati grandi e coscienti come comunità. Sappiamo che ci sono preparativi per provocare, ma sappiamo anche come rispondere. Si è vestito di criminalità un movimento che solo vuole esprimersi».
Sente una responsabilità morale per le violenze che potrebbero scaturire?
«Siamo sempre responsabili di ciò che accade ogni giorno. Ma le nostre rivendicazioni con milioni di persone in piazza sono sempre state pacifiche. Mi piacerebbe che anche il governo spagnolo si impegnasse allo stesso modo e invece di usare magistratura e polizia usasse la politica».
Lo stesso si potrebbe dire degli indipendentisti: potreste usare le regole, la democrazia, non la piazza.
«Avremmo voluto fare le cose diversamente? Sì, ma quando abbiamo tentato di dibattere in Parlamento le conclusioni di una Commissione sul “processo costituente” questi signori dell’opposizione invece di discutere hanno denunciato penalmente la Presidenta dell’assemblea. Sono gli unionisti che non ci hanno lasciato scelta. La politica “catalanista” ha sempre tentato di riformare la Spagna, modernizzarla, renderla più democratica. Abbiamo aiutato Madrid ad entrare nel mercato comune, nell’euro, persino con l’austerità. E quando abbiamo concordato uno Statuto con il Parlamento spagnolo, un tribunale controllato dal Partido Popular l’ha bocciato. Non abbiamo più speranza. Dobbiamo fare da soli».
Illegalmente.
«Vogliamo votare, è vero. Vogliamo farlo anche contro i criteri dei tribunali spagnoli. Vero. Resta una differenza politica e va affrontata come tale».
Ammettiamo che molti vadano a votare e che ovviamente vinca il sì. Proclamerete la indipendenza e poi?
«Parleremo, ci siederemo ad aspettare al tavolo anche se nessuno si farà vivo. Non vogliamo rotture brutali e la legalità proseguirà regolare. Non esiste un bottone indipendentista. Bisognerà passare per la convocazione di un’assemblea costituente e la costituzione andrà approvata. Garantiremo una transizione politica tranquilla. Dal giorno della proclamazione dell’indipendenza, però, l’Europa non potrà continuare a guardare dall’altra parte. Sette milioni e mezzo di cittadini europei stanno ponendo un problema politico. Non siamo ologrammi, invenzioni. L’Europa dovrà entrare nel dibattito».