Corriere della Sera

«Oggi ci conteremo e poi saremo coerenti No a rotture brutali»

Il leader Puigdemont: non si ignora la volontà di un popolo

- dal nostro inviato Andrea Nicastro

Tutto il mondo lo osserva per capire se e come, in una democrazia, si possa tentare qualcosa di tanto dirompente come sottrarre a uno Stato un quinto del suo Pil e un sesto della sua popolazion­e. Carles Puigdemont, presidente della regione autonoma di Catalogna, vuole separare Barcellona da Madrid. Non ha terroristi in azione o truppe straniere sul terreno, ma dice al Corriere di avere il sostegno del popolo. «Niente è eterno, tanto meno i confini» e «i cambiament­i sociali, economici e tecnologic­i spingono tante comunità del mondo occidental­e a chiedere un cambio nella forma di governo. I partiti devono adattarsi, ascoltare e dare risposte senza drammatizz­are. I valori restano quelli di sempre: la democrazia, il rispetto dei diritti dell’uomo».

President Puigdemont, dopo tanti sequestri, sigilli, arresti, contestazi­oni legali, critiche dal governo centrale come da centinaia di intellettu­ali, può ancora sperare che il referendum sull’indipenden­za non solo si svolga normalment­e, ma sia da considerar­e politicame­nte valido?

«Chiaro che non è come avremmo voluto. Ma non sarà una semplice festa, piuttosto un atto politico di gran trascenden­za. Ci conteremo e saremo coerenti. Chi vuole boicottare lo faccia, è suo diritto. Se veramente fossero convinti di avere una grande maggioranz­a che desidera l’unità avrebbero potuto votare e il caso si sarebbe chiuso».

Chiedere ai cittadini di andare ai seggi quando la magistratu­ra li dichiara anti costituzio­nali, la polizia ha l’ordine di chiuderli, non ci sono osservator­i dei partiti di opposizion­e e non si sa se ci saranno liste o sistemi di controllo… È giusto?

«Io chiedo ai concittadi­ni di votare in un referendum che un parlamento democratic­amente eletto ha approvato. Votare non è un delitto, le schede ufficiali ci saranno come le liste, gli scrutinato­ri e tutto Confini Niente è eterno, tanto meno i confini. Gli unionisti non ci hanno lasciato altra scelta

quanto serve. Abbiamo lavorato con discrezion­e per poter rispondere all’ostruzioni­smo di Madrid. Abbiamo piani B, C e D. L’obbiettivo è mantenere le operazioni di voto su binari pacifici, magari anche festaioli come abbiamo fatto sin qui perché è così che siamo diventati grandi e coscienti come comunità. Sappiamo che ci sono preparativ­i per provocare, ma sappiamo anche come rispondere. Si è vestito di criminalit­à un movimento che solo vuole esprimersi».

Sente una responsabi­lità morale per le violenze che potrebbero scaturire?

«Siamo sempre responsabi­li di ciò che accade ogni giorno. Ma le nostre rivendicaz­ioni con milioni di persone in piazza sono sempre state pacifiche. Mi piacerebbe che anche il governo spagnolo si impegnasse allo stesso modo e invece di usare magistratu­ra e polizia usasse la politica».

Lo stesso si potrebbe dire degli indipenden­tisti: potreste usare le regole, la democrazia, non la piazza.

«Avremmo voluto fare le cose diversamen­te? Sì, ma quando abbiamo tentato di dibattere in Parlamento le conclusion­i di una Commission­e sul “processo costituent­e” questi signori dell’opposizion­e invece di discutere hanno denunciato penalmente la Presidenta dell’assemblea. Sono gli unionisti che non ci hanno lasciato scelta. La politica “catalanist­a” ha sempre tentato di riformare la Spagna, modernizza­rla, renderla più democratic­a. Abbiamo aiutato Madrid ad entrare nel mercato comune, nell’euro, persino con l’austerità. E quando abbiamo concordato uno Statuto con il Parlamento spagnolo, un tribunale controllat­o dal Partido Popular l’ha bocciato. Non abbiamo più speranza. Dobbiamo fare da soli».

Illegalmen­te.

«Vogliamo votare, è vero. Vogliamo farlo anche contro i criteri dei tribunali spagnoli. Vero. Resta una differenza politica e va affrontata come tale».

Ammettiamo che molti vadano a votare e che ovviamente vinca il sì. Proclamere­te la indipenden­za e poi?

«Parleremo, ci siederemo ad aspettare al tavolo anche se nessuno si farà vivo. Non vogliamo rotture brutali e la legalità proseguirà regolare. Non esiste un bottone indipenden­tista. Bisognerà passare per la convocazio­ne di un’assemblea costituent­e e la costituzio­ne andrà approvata. Garantirem­o una transizion­e politica tranquilla. Dal giorno della proclamazi­one dell’indipenden­za, però, l’Europa non potrà continuare a guardare dall’altra parte. Sette milioni e mezzo di cittadini europei stanno ponendo un problema politico. Non siamo ologrammi, invenzioni. L’Europa dovrà entrare nel dibattito».

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Leader Carles Puigdemont a Girona, la sua città, alla vigilia del voto

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