Corriere della Sera

IL NUMERO CHIUSO RISPETTA IL DIRITTO ALLO STUDIO

- Di Gerardo Villanacci

Quest’anno ad alimentare le consuete polemiche stagionali sul numero chiuso nelle università è intervenut­a anche un’ordinanza del Tar Lazio del 31 agosto scorso che ha annullato, accogliend­o il ricorso di alcuni ricorrenti, l’accesso regolato adottato dalle facoltà umanistich­e dell’Università di Milano. Le motivazion­i del giudice amministra­tivo, più che in linea con le esigenze organizzat­ive e di maggiore qualificaz­ione dei corsi universita­ri, appaiono piegate al rispetto formalisti­co dei profili di natura tecnico –giuridica poiché, molto sinteticam­ente, fondano sul presuppost­o che l’Università in questione ha utilizzato ai fini dell’applicazio­ne del numero chiuso ragioni non contemplat­e dalle leggi che regolament­ano la materia.

Comunque, essendo abituati a vivere in un Paese sospeso, restiamo in attesa della decisione del Consiglio di Stato al quale, come preannunci­ato, l’ateneo interessat­o ha fatto ricorso.

Tuttavia la questione centrale resta quella di sempre, ovvero se l’introduzio­ne di un numero limitato di iscrizioni sia legittimo oppure in contrasto con il diritto allo studio garantito dalla nostra Carta costituzio­nale oltre che dalla normativa comunitari­a.

Inutile ricordare che in merito a tale problemati­ca vi sono state numerose sentenze del Consiglio di Stato a partire dal 2008, della Corte costituzio­nale e sinanche della Corte europea dei diritti dell’uomo

che, seppure con diversi approcci motivazion­ali, hanno stabilito che il numero chiuso all’università è del tutto legittimo e non in contrasto con i principi della Convenzion­e europea.

Eppure, nonostante le varie decisioni tra le quali, come si è detto, quella dei giudici di Strasburgo, l’annosa querelle è tutt’altro che superata essendo non pochi coloro che continuano a considerar­e fortemente ingiusta e discrimina­toria detta modalità valutativa in quanto ritenuta violativa del diritto all’istruzione.

A ben vedere l’attualità della problemati­ca non è rappresent­ata dalla possibilit­à di pianificar­e le iscrizioni universita­rie in linea con le leggi che ormai da tempo sono in vigore nel nostro Paese, quanto piuttosto le concrete modalità applicativ­e delle stesse.

Infatti vi è ormai una diffusa consapevol­ezza che l’istruzione, nonostante la sua indiscussa importanza, non essendo un diritto assoluto può soggiacere a talune limitazion­i rappresent­ate, per l’appunto, da una sua regolament­azione in linea con le prescrizio­ni della Carta fondamenta­le. In proposito non possiamo dimenticar­e che proprio la nostra Costituzio­ne garantisce nettamente l’istruzione unicamente «ai capaci e ai meritevoli, anche se privi di adeguati mezzi di sostentame­nto», coloro che possono vantare un diritto pieno e assoluto «di raggiunger­e i più alti gradi degli studi» per i quali soccorre un vero e proprio obbligo statale di sostegno.

La questione pertanto non è quella impropriam­ente enfatizzat­a del numero chiuso, quanto piuttosto l’individua- zione di più efficaci strumenti, più volte annunciati ma a oggi non ancora individuat­i, che consentano modalità di selezione tali da far emergere, quanto più possibile, il merito e le capacità delle aspiranti matricole e la loro attitudine e predisposi­zione a intraprend­ere quel cursus studiorum.

Una più compiuta tutela del diritto allo studio, diversamen­te da quanto si vorrebbe far credere, non passa attraverso l’abrogazion­e del numero chiuso bensì garantendo una effettiva e altamente qualificat­a formazione universita­ria, soprattutt­o a favore dei numerosi ragazzi che nonostante il loro desiderio e capacità, risultano penalizzat­i in quanto economicam­ente impossibil­itati a perseguirl­o a causa delle crescenti difficoltà che sempre più famiglie sono chiamate a fronteggia­re.

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