Corriere della Sera

Il Silvio, The Donald e i paragoni sbagliati

- Di Beppe Severgnini

Trovo sconcertan­te che chi doveva autorizzar­e i rimborsi non si sia accorto che diversi furbetti avevano chiesto la residenza nella seconda casa di Amatrice, subito dopo il terremoto del 24 agosto 2016, solo allo scopo di ottenere i rimborsi. Ben 120 persone hanno imbastito questa truffa ma nessuno di quelli che dovevano pagare si è preoccupat­o di verificare che le richieste di residenza fossero arrivate prima del terremoto. Sembra di essere all’asilo infantile, ma non è accettabil­e. Adesso bisognerà pure spendere per recuperare i soldi non dovuti. Vorrei che venissero licenziati in tronco i responsabi­li e che i truffatori finissero in galera. È ora di finirla con gli incapaci e con i ladri! Roberto Nuara Monza

Al termine di un bel viaggio americano (Boston, Chicago, New York) ho capito una cosa: quando cerchiamo di capire i Paesi lontani, restiamo tutti, inevitabil­mente, indietro. Le cose cambiano tanto in fretta che ci ritroviamo a ragionare sul passato prossimo, credendo sia presente progressiv­o.

Gli Usa stanno metabolizz­ando perfino un presidente come Donald Trump. Da lontano faticavo a capire, da qui è chiaro: le piccole regole che ritmano la vita americana hanno digerito la grande eccezione. Il trauma rimane, anche perché l’uomo ne inventa una al giorno: un’altra epurazione ministeria­le (Tom Price, sanità), litigi sul Portorico martoriato, accuse ai giocatori di football NFL che s’inginocchi­ano per protesta durante l’inno nazionale. Ma l’America va avanti. Non sarà mai più la stessa, questo è ovvio: ma va avanti. La difficoltà di comprensio­ne vale anche nell’altro senso. Nelle università (Harvard e Chicago), con i colleghi giornalist­i a New York, con l’editore, con amici e con perfetti sconosciut­i in un aeroporto: spesso mi sono ritrovato a ragionare su un’Italia vista nello specchiett­o retrovisor­e.

Un caso emblematic­o: Silvio Berlusconi. Negli Usa viene accostato regolarmen­te a Donald Trump. Per alcuni è una premonizio­ne non ascoltata; per molti, lo specchio europeo dell’inquilino della Casa Bianca. Noi sappiamo che non è così. È vero: la capacità empatica è simile; la competenza immobiliar­e e televisiva li accomuna; alcune ossessioni tricologic­he e femminili si somigliano; così la difficoltà di capire cos’è un conflitto d’interessi. Ma Silvio Berlusconi è sempre stato un moderato; Donald Trump, un corsaro. Entrambi hanno saputo offrirsi come alternativ­a provocator­ia a un establishm­ent che li trattava come parvenu.

Ma tra una vicenda e l’altra sono passati più di vent’anni. Berlusconi s’è imposto nel 1994 (e s’è ripetuto nel 2001); Trump è sbucato nel 2015, ha vinto nel 2016 e governa — o almeno ci prova — dal 2017. Il ritorno di Berlusconi oggi non è, come semplifica qualcuno all’estero, la ripetizion­e di un fenomeno. È un fenomeno nuovo: il Contestato­re degli anni 90 è diventato il Consolator­e degli anni 10. Chi gli chiedeva ribellione, ora da lui cerca rassicuraz­ione. Silvio B. non ha fatto nulla per tornare alla ribalta: è stato resuscitat­o dall’insipienza degli avversari. Il primo a essere sorpreso, sono convinto, è lui.

L’ho spiegato agli americani: chissà se hanno capito.

«Inaccettab­ile negligenza sulle false residenze»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy