Corriere della Sera

«C’era una volta il ghisa dai guanti bianchi»

- Massimo

AMilano una volta c’erano i ghisa. Li chiamavamo così per quello stemma sul casco, bianco come i lunghi guanti. Li vedevi da lontano, statuari, con quella divisa con i bottoni dorati, li rispettavi e li apprezzavi per quel duro lavoro in mezzo al traffico, nella nebbia, su quei piedistall­i rotondi a strisce bianche e rosse che segnavano il centro degli incroci.

Quando li avvicinavi, prima di parlarti, accennavan­o il saluto militare, gesto che conferiva loro autorità e deferenza. Li cercavamo e li trovavamo tutti i giorni con noi, nella città, parte integrante della nostra vita, e li ringraziav­amo con i doni il giorno della befana. Nessuno si permetteva mai di denigrarli. Oggi non li vediamo più, e se — a stento — li riconoscia­mo nelle loro anonime divise, è perché sono accanto o a bordo di un’auto della «polizia municipale». Sono in gran parte più piccoli di allora e con un berretto che non li rende né visibili né eleganti. E non si vedono più nelle strade, con il risultato che noi cittadini ci chiediamo cosa facciano tutto il giorno.

Ci hanno portato via un simbolo importante di Milano al quale eravamo tutti affezionat­i e riconoscen­ti e ciò senza neppure dircelo. Ogni domenica pubblichia­mo il racconto breve — reale o di fantasia — scritto da un lettore

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