Da sapere
che un teatro ci chiede, glieli noleggiamo, e poi rimangono di nostra proprietà, andando a formare un repertorio che è sempre a disposizione di altri teatri. Abbiamo costituito un magazzino di decine di migliaia di costumi (solo per un’Aida all’Arena di Verona ne servono 900) conservati in armadi compattabili appositamente realizzati per tenere lontani i loro nemici: polvere, luce, umidità e disordine».
Nel campo dell’opera, la sartoria Fiore si è specializzata nei costumi di gruppo, quindi quelli per ballerini, coristi, comparse e figuranti, costumi che i registi oggi pretendono estremamente eterogenei rispetto a epoche in cui un coro doveva apparire sul palco come una macchia monocromatica. Ma i costumi oggi hanno anche caratteristiche difficilmente immaginabili dai non addetti ai lavori, come spiega Roberta Casagrande, anima operativa e memoria storica della Fiore, dove è entrata diciottenne: «Siamo rimasti tra gli ultimi a lavorare in un certo modo e ne siamo fieri. Ma l’uso sempre più frequente di filmare gli spettacoli ci obbliga a una crescente cura del dettaglio, e in questo ci stiamo avvicinando a cinema e moda. Poi, certo, resta la fantasia: nei nostri costumi ci è capitato di usare anche acciaio temperato, luci a led, moquette, cd, plastiche. La massima soddisfazione? È quella di accontentare un costumista, cioè riuscire a tradurre un suo bozzetto in un abito reale senza tradirne lo spirito». ●
Spirito internazionale Dalle stoffe per l’Aida a quelle per il Trovatore: il laboratorio collabora con i teatri del mondo