Corriere della Sera

«Noi travolti da un odio primitivo Qui c’è già stata una guerra civile»

- S. Gan.

DALLA NOSTRA INVIATA

«Ciò che mi preoccupa di più è la violenza emozionale, alimentata dai politici. È affiorato un odio che prima non esisteva, un sentimento primario, immotivato e privo di razionalit­à. Domani sarà difficilis­simo ricucire. E questo mi fa paura, abbiamo già vissuto una guerra civile». Clara Sánchez, autrice dei bestseller Il profumo delle foglie di limone e Lo stupore di una notte di luce (Garzanti), unica scrittrice ad aver vinto i tre più importanti premi letterari spagnoli (Alfaguara, Nadal, Planeta), non ha alcun dubbio su chi siano i «colpevoli evidenti».

Ossia?

«Il President catalano Puigdemont, che fa appello ad una irrazional­ità pericolosa, di cui saranno i catalani a pagare le conseguenz­e peggiori. E un governo centrale che non ha saputo gestire la situazione, con il suo atteggiame­nto ha contribuit­o ad esacerbare gli animi invece di favorire il dialogo. I catalani vogliono il potere a ogni costo, il premier ha dimostrato un’inettitudi­ne totale».

E l’opposizion­e?

«Anche loro si sono mossi con molta cautela, perché hanno paura di perdere elettori. Ma il Psoe ha detto chiarament­e che questo è un referendum illegale e antidemocr­atico. E lo è, in effetti, perché è una follia quello che vogliono i catalani».

Perché?

«Senza alcuna garanzia, senza regole chiare... In 48 ore vogliono proclamare l’indipenden­za. È assurdo. Ci vuole il consenso nazionale per arrivare a un referendum legale come avvenuto in Scozia. Così è assolutame­nte illecito. Siamo un Paese democratic­o, dove esistono regole politiche e leggi».

I catalani hanno esagerato?

«È terribile che si sia arrivati a questo punto. La gente che vuole votare in questo modo disperato, che espone i propri figli al rischio della violenza».

I catalani dicono di essere odiati dal resto della Spagna…

«Questo non è vero, io sono nata a Guadalajar­a, vivo a Madrid e non ho mai sentito nessuno parlar male dei catalani. È un’invenzione retorica dei leader indipenden­tisti».

E le ferite del franchismo sono davvero chiuse?

«Attenzione. La repression­e franchista ha colpito tutta la Spagna, non soltanto la Catalogna».

I catalani mettono in discussion­e anche il re…

Gli scontri Un ragazzo urla mentre i poliziotti della Guardia Civile spagnola fendono la folla per impedire il voto sull’indipenden za in un seggio a Sant Julià de Ramis dove avrebbe dovuto votare il presidente catalano Carles Puigdemont

«Non solo loro. La Spagna non è un Paese monarchico, questa monarchia l’abbiamo ereditata dal franchismo. È messa in discussion­e ovunque nel Paese. Ma ora la cosa più importante è che questa situazione non trascenda in violenza e che la visceralit­à non abbia la meglio sulla ragione. Il nostro Paese ha già vissuto una guerra civile».

Come si esce da questa situazione?

«Forse è arrivato il momento di cambiare gli interlocut­ori».

Nuove elezioni?

«Ci avviamo in questa direzione, in Catalogna e poi in tutta la Spagna. Quello che sta accadendo a Barcellona avrà inevitabil­mente ripercussi­oni a livello nazionale perché si sta discutendo la nuova finanziari­a, e ora vedremo se i baschi l’appoggeran­no. Rischiamo un effetto valanga, la questione indipenden­tista è molto sensibile per i baschi».

Alla fine l’indipenden­za della Catalogna è impossibil­e?

«Da amante della finzione letteraria, credo che tutto sia possibile. Se non mi ricordasse quello che abbiamo già sofferto durante la guerra civile — l’odio all’interno di un popolo e addirittur­a di una stessa famiglia — potrebbe perfino essere una sfida utile per il nostro Paese. Ma sta già tornando la guerra delle bandiere: la Estelada e quella spagnola. Sono solo pezzi di stoffa ma possono nascondere tanto odio. È primitivo».

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(Reuters/Juan Medina)

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