La mossa di Pisapia: con Mdp da Gentiloni
Resta la distanza: il leader alla festa dei bersaniani, ma l’ovazione non scatta. Lui: vi siete fatti il vostro partitino
DALLA NOSTRA INVIATA
Alle otto di sera, in una saletta della stazione centrale di Napoli, Giuliano Pisapia arriva stanco e non del tutto soddisfatto per come è andato il «duello» con Roberto Speranza. «Io l’ho detto 5 mesi fa che dovevano sciogliersi...». Perché D’Alema e Bersani hanno deciso diversamente? «Questo dovrebbe chiederlo a loro». Ma come andrà a finire, nascerà o no il nuovo soggetto politico? «E chi lo sa, può dirlo solo chi sta più in alto di noi — alza lo sguardo al cielo l’ex sindaco di Milano —. La legge elettorale sarà decisiva».
L’intesa sui programmi c’è, ma sul piano organizzativo la nuova forza di centrosinistra ancora non decolla. Pisapia rimprovera a Mdp di non voler rinunciare ai suoi vessilli e il leader di Campo progressista non si mostra ancora pronto per un’assemblea costituente.
«Questo è il punto — rimarca Roberto Speranza salendo sul Frecciarossa delle 20.35 —. Io sono stato molto chiaro. Ho detto che noi siamo pronti, ci scioglieremo quando si farà l’assemblea costituente. Per me comunque è andata bene, Giuliano ha detto che insieme prenderemo più voti del Pd». Luci e ombre, ma i fuoriusciti sono contenti perché Pisapia ha definito «competitor» i dem e ha ammesso che «con questa legge elettorale non è possibile una alleanza con il Pd». E anche perché, quando Speranza ha confermato che con il Rosatellum sarebbero «costretti» a mettere un loro candidato in ogni collegio uninominale rubando voti al Pd, Pisapia non si è potuto smarcare: «L’obiettivo è non far passare quella legge, altrimenti bisognerà essere presenti dappertutto e per il Pd sarebbe un suicidio».
Sono le cinque del pomeriggio quando Pisapia, assenti D’Alema e Bersani, entra nel suggestivo Cortile di Santa Chiara per chiudere la prima Festa del lavoro di Mdp. Nessuno dei cinquecento militanti azzarda un fischio, nessuno accenna un applauso. E quando dal palco il capogruppo Francesco Laforgia chiama l’ovazione per l’ospite d’onore, il battimani finalmente scatta: ma è così fugace che l’imbarazzo non si scioglie.
Inizia Laura Boldrini. Invita a scandire «dei niet sulle politiche laceranti e sbagliate» degli ultimi anni, invoca per l’Italia una premier donna come Merkel o May e incalza sullo ius soli. Poi, tra gli applausi, la terza carica dello Stato sprona a «smetterla di dilaniarsi, per costruire un nuovo centrosinistra». I duellanti raccolgono l’appello e annunciano che oggi alle 10 saliranno assieme lo scalone di Palazzo Chigi e chiederanno a Paolo Gentiloni «una svolta, un cambio di rotta che rimetta al centro la questione sociale». E se il premier dovesse ignorare le loro istanze? Nel rispondere a Stefano Cappellini, Speranza assicura di non voler portare il Paese allo sbando e al tempo stesso avverte: «Gentiloni non abbia paura dei voti al Senato sulla legge di Bilancio. Però io non mi sento parte di questa maggioranza che non sta facendo le cose che servono all’Italia».
Strette di mano e pacche sulle spalle, eppure i momenti di tensione non sono mancati. Se Speranza gioca in casa e scalda i suoi, quando grida che «il tempo è scaduto» e chiede di «costruire una nuova sovranità in una grande assemblea democratica», Pisapia gela compagni e compagne: «Bellissima questa festa, avrei voluto farla insieme. Invece è la festa di Articolo 1. C’è chi ha costruito il
Se c’è il Rosatellum L’ex sindaco pronto a fare correre i suoi con Mdp: l’obiettivo è un voto in più del Pd
suo piccolo partitino». I militanti non gradiscono e Speranza fa leva sull’orgoglio della platea: «La ridotta della sinistra io non ce l’ho nella pelle. Sono uscito dal Pd per costruire una grande forza popolare di massa». Prima dei saluti il coordinatore di Mdp ammette che la strada da fare è ancora tanta: «Non siamo stati all’altezza di raccogliere quel fiume di gente in uscita dal Pd». Applausi e Bella ciao.