«Le chiavi? Il legame pubblico-privato e l’apporto economico delle charity»
«Milano è cresciuta perché ha nel suo dna la capacità di fare partnership». Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e professore all’Humanitas University, risponde al telefono tra due voli aerei, di ritorno dall’America. Da immunologo di fama internazionale per lui viaggiare è una normalità, un’andata e ritorno continua tra Italia, Usa, Londra e Bruxelles. La base però rimane la sua Milano. «Qui ho radici profonde e, a livello professionale, ho sempre trovato giovani e tecnici eccellenti. La prova è il ranking globale SCImago: su 5 mila istituzioni di ricerca in ambito medico troviamo molte realtà milanesi tra le prime 250». Tra queste il San Raffaele, il Policlinico, l’Istituto dei tumori, lo Ieo, l’Istituto Mario Negri, la stessa Humanitas. Un exploit, fatto di pubblicazioni e premi internazionali, agevolato dall’apertura delle università e dal supporto della rete locale. «Il salto in avanti è stato possibile grazie al legame tra pubblico e privato — dice Mantovani — l’intreccio di questi due elementi con la forte presenza in città delle charity ha poi sostenuto la crescita anche da un punto di vista economico». La sfida dei prossimi anni è «spalancare» le porte degli atenei. «Ai convegni i colleghi europei mi dicono che Milano è come Stoccolma o Londra. Quasi vero, dico io. Resta uno sforzo da fare: attrarre teste dall’estero con una città sempre più user friendly».