Google spinge gli abbonamenti dei giornali online
Il più chiaro, nell’esprimere ciò che era insieme un’esigenza e un auspicio, era stato Frederic Filloux. Il 20 febbraio scorso, sul blog Monday Note, spiegava come «i colossi dell’hi-tech, applicando le loro tecnologie agli antiquati sistemi di abbonamento degli editori, potrebbero creare un ecosistema sostenibile per il giornalismo online». Una «rivoluzione», la chiamava: l’ennesima. E Google ne delinea oggi i primi tratti, annunciando quattro mosse che — secondo Jon Slade del Financial Times e Kinsey Wilson del New York Times — promettono di rappresentare un aiuto agli editori che cercano di sostenersi non più solo con la pubblicità — ormai insufficiente — ma con abbonamenti. Anzitutto, Google abolisce la regola con cui chiedeva agli editori di non adottare paywall «troppo rigidi». «Ma stiamo anche esplorando come il machine learning di Google possa aiutare gli editori a riconoscere potenziali abbonati e proporre l’offerta giusta agli interlocutori giusti e nel momento giusto», ha proseguito Richard Gingras, vicepresidente news di Google. Insomma: l’intelligenza artificiale potrebbe — con modalità ancora non chiarite nel dettaglio ma, secondo Gingras, «rispettose della privacy» — supportare gli editori nel trovare gruppi di lettori potenzialmente interessati a sottoscrivere un abbonamento, e nell’ottimizzare le offerte da proporre loro. Se abbonarsi oggi è, sui siti di molti quotidiani, un’esperienza farraginosa, Google consentirà di farlo con un solo click, «sfruttando le nostre attuali tecnologie per l’identità e i pagamenti». Infine, attraverso un sistema ancor più raffinato di ricerche, aiuterà gli abbonati a un giornale a trovare più frequentemente le informazioni che cercano proprio su quella testata, per «sfruttare al massimo» il proprio abbonamento. I tempi? «Inizio 2018». La nuova disruption è in arrivo.