Dall’Apollo 8 all’Orlando furioso Il viaggio fantasy di Valentino
La ricerca di Balenciaga, Givenchy cambia
Il fantasy come condizione necessaria per guardare la moda con occhi diversi e scoprire che può essere ancora meravigliosa e nuova vista da altre prospettive. Pur non cambiando il suo ruolo, funzionale, che è quello di vestire l’oggi, con ottimismo e gioia. Così parlò Pierpaolo Piccioli che con Valentino non finisce mai di stupire per la sua forza creativa che parte da ispirazioni lontane (una frase da «L’Orlando furioso», il primo viaggio nello spazio dell’Apollo 8, lo sport, gli archivi della maison) e arriva a definire un guardaroba che diventa sempre il sogno di ogni donna modernamente elegante. Standing ovation finale al licée Carnot per lui e l’abbraccio commosso del fondatore. Una sfilata davvero entusiasmante. Lunare e non solo per quel cenno alla frase di William Anders dell’Apollo 8, «un viaggio così per scoprire che la cosa più bella quassù è la Terra», ma anche per i riflessi e la luce che ogni capo
emana.
Sarebbe troppo semplice raccontare di incredibili trench «smontati» e «rimontati», in patchwork di tagli e materiali; di felpe di seta martellata; di blouson tecnici di macropaillettes di plastica; di abiti-canottiera scivolati e ricamati; di piccoli yoga-bra di velluto; di romantici shortboxe di pelle; di parka lunari in pvc e cristalli; di superlative sneaker (che lui chiama Hero) un po’ calzari da sub un po’ da ballerina che danno un piglio diverso alla sera in lungo; di sensuali vesti t-shirt di chiffon ricamati con creature fantastiche; di panta cargo di velluto, seta e jais; di baby doll di pitone ajour. È la visione d’insieme dello stilista che fa la differenza, che sperimenta e sorprende senza mai perdere di vista la bellezza e la tradizione. Persino quando omaggia il fondatore con dieci pezzi «Very Valentino» che sono riconoscibili per il rosso, il nero e il bianco o per i fiocchi e i drappeggi (miniabiti e lunghe tuniche) ma interpretati in materiali contemporanei (jersey di cotone per esempio) riesce ad essere straordinario.
Non si discute che oggi Piccioli — che continua a vivere a Nettuno, al mare, fuori Roma, con la sua famiglia, e fa il pendolare e non ha atteggiamenti da star inarrivabile — sia il numero uno, in creatività e realtà. Perché è anche vero che un Demna Gvasalia sta facendo un bel lavoro di sperimentazione con Balenciaga, ma le sue creazioni qualche volta hanno un che di quasi mostruoso quando la modella esce con addosso un giubbotto di jeans al quale è cucito sul davanti un trench maschile over. Quelle grandi maniche abbandonate che non hanno nessuna funzione se non quella di creare nuovi volumi sono inquietanti. Un’estetica spinta, che ricorda le fughe di Martin Margiela ma il belga le addomesticava all’uso. Gvasalia sovrappone, stratifica, sovverte incurante delle forme da coprire. Anche quando semplifica lo stile, con sottovesti scivolate sopra a pullover over size e accessoriati di Crocs colorate con la zeppa o stivali-calza di lurex o a stampa paesaggi, l’inquietudine assale nel trovare similitudine in certi immagini di un Est europeo (lui è un profugo georgiano) che non c’è più. Detto questo è proprio la sfida di elevare lo street style allo stato di lusso che rende tutto anche molto affascinante.
Pur infrangendo le regole delle proporzioni e dei tagli per esempio Phoebe Philo per Céline arriva comunque a un’immagine immediata di donna elegantemente diversa. Le citazioni al guardaroba da equitazione sono un filo conduttore per tradurre mantelle e poncho sabot e stivali e certe gonne da cavallerizza ampie e svasate, riprese sul fianco. Coulisse e cinghie per reggere abiti con lunghe frange o blouson antipioggia. L’abito di seta stampato è serrato da due enormi staffe e la sera in tute con baschine di cuoio selleria e immancabile trench, il capo più rivisto su queste passerelle parigine.
Da Givenchy esordio senza fuochi d’artificio di Clare Waight Keller (ex Chloé) che cancella l’immagine del sexy-gotico di Riccardo Tisci e riporta a una parigina, vagamente, ma molto vagamente, rock, quanto meno per il nero dominante, con gli abitini di seta scivolati e asimmetrici, le gonnelle corte, le bluse morbide, i cappottini doppiopetto. Scarpe e stivali texani a dare un po’ di grinta ma non basta. Indubbiamente vendibile, ma già vista.
William Anders Un viaggio così per scoprire che la cosa più bella quassù è la Terra