Corriere della Sera

PERCHÉ DESTRA E SINISTRA SONO CATEGORIE ARRUGGINIT­E

Mappa Si usano ancora concetti del secolo scorso Ma è più utile comprender­e la distinzion­e fra amici e nemici della società aperta (o libera)

- di Angelo Panebianco

Come giudichere­bbero un governo 5 Stelle/ Lega? Di destra oppure di sinistra? A quali elucubrazi­oni dovrebbero ricorrere per usare queste categorie senza sentirsi ridicoli? Qualcuno dirà: ha senso preoccupar­si di cosa penserebbe­ro costoro? Sì, perché in politica non contano solo i «fatti» — per esempio, le decisioni che vengono prese o non prese — ma anche le interpreta­zioni di quei fatti quando esse assurgano a «verità» condivise da tanti.

Ammesso (e concesso solo in parte) che la distinzion­e destra/sinistra servisse a qualcosa nel XX secolo, il suo uso per interpreta­re i conflitti del XXI secolo confonde, disorienta. Ad esempio, ci sono quelli che sono filorussi perché la Russia è l’erede dell’Unione Sovietica e, come l’Urss, si contrappon­e agli Usa. Poiché un tempo essi pensavano che fosse «di sinistra» stare con i sovietici contro gli americani, con la patria del socialismo contro il capitalism­o, pensano anche che sia loro dovere stare con gli eredi di quella esperienza. Si dà il caso però che in quelle lande il socialismo (qualunque cosa fosse) di sicuro non ci sia più, e che i russi abbiano dato vita a una combinazio­ne di democrazia illiberale e di capitalism­o autoritari­o. C’è un solo elemento di continuità con il passato: quella forma di «dispotismo asiatico» per il quale lo Stato è tutto e il suddito esiste in funzione dello Stato che c’era al tempo degli zar come dei bolscevich­i, e che Putin, dopo il caos in cui sprofondò il suo Paese negli anni 90, ha cercato di ripristina­re. Vedete quanti danni riesce ancora a fare la distinzion­e destra/ sinistra?

Come orientarsi allora? Come giudicare un eventuale governo 5 Stelle/Lega? Cominciamo col dire che un tale governo non sarebbe, come gli avversari lo dipingereb­bero, «antidemocr­atico». 5 Stelle e Lega sono partiti democratic­i nel senso che hanno bisogno della legittimaz­ione e dell’appoggio del demos, del popolo. Governo antidemocr­atico no ma illiberale di sicuro. Sarebbe cioè pronto a calpestare, in nome di un interesse superiore, vari diritti individual­i di libertà (come fa Putin). Non sono le (probabilme­nte inesistent­i) propension­i antidemocr­atiche di questi partiti a preoccupar­e, sono le loro propension­i Scenario Di fronte a un governo tra Cinque Stelle e Lega in base a cosa dovremmo giudicarlo?

illiberali.

Se le categorie destra e sinistra non servono, quale altra bussola utilizzare? Può aiutare la distinzion­e fra amici e nemici della società aperta (o libera). Non se ne parlerà nella prossima campagna elettorale. Si discuterà di tutto tranne che dell’essenziale. Ciò che rende plausibile (numeri e sistema elettorale permettend­o) un governo 5 Stelle/Lega è il fatto che questi due gruppi, pur diversi per vari profili, sono accomunati dalla ostilità per la società aperta. C’è coerenza nel fatto che essi siano al tempo stesso fautori del protezioni­smo economico (così si spiega la loro comune ostilità per il Ceta, l’accordo di libero scambio fra Unione europea e Canada che il nostro Parlamento dovrebbe prima o poi ratificare) nonché pronti a spostare l’asse della politica estera in senso filorusso (Di Maio e Salvini hanno fatto inequivoca­bili dichiarazi­oni in tal senso). La coerenza sta nel fatto che entrambe le scelte, protezioni­smo economico e alleanza con i russi, implichere­bbero uno spostament­o dell’Italia dalla condizione di società (più o meno) aperta a quella di società chiusa. Ostilità al libero mercato e convergenz­a con una potenza neo-mercantili­sta (nel senso che lo Stato russo controlla e indirizza il commercio in funzione delle sue esigenze politiche) sono più che compatibil­i: anzi, sono indispensa­bili l’una all’altra. Si tratterebb­e di una operazione oggi facilitata dalla presenza di Trump alla Casa Bianca e dalle sue (fin qui più esibite che attuate) velleità protezioni­ste. Una società chiusa come quella prefigurat­a dai discorsi e dalle scelte di quei partiti sarebbe democratic­a e illiberale.

Vero è il fatto che essi non avrebbero la vita facile. Nonostante gli auspici di alcuni l’Italia non è l’Argentina di Perón né il Venezuela di Chávez. È integrata nell’economia internazio­nale e membro della Ue e della Nato. I nemici della società aperta, ancorché numerosi, dovrebbero confrontar­si con avversari altrettant­o numerosi e tenaci. Più probabile di una vittoria degli uni o degli altri è lo stallo, un precario equilibrio delle forze. Il sistema elettorale proporzion­ale, dicono molti, servì la democrazia all’epoca del confronto fra comunisti e anticomuni­sti. Forse no. Oggi, come allora, obbligherà alla convivenza forze fra loro incompatib­ili.

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