Corriere della Sera

INTEGRARE I DISABILI A SCUOLA UN PARADIGMA DI CIVILTÀ

- Di Toni Nocchetti

Caro direttore, con l’inizio del nuovo anno scolastico è frequente imbattersi in attente e approfondi­te riflession­i sullo stato di salute della scuola italiana e sulle eventuali terapie da somministr­are a un paziente che appare a tanti in cattive condizioni. Come frequentem­ente accade, molte opinioni diventano, in questo mondo ricco di informazio­ni spesso contraddit­torie, assiomi e certezze. Vorrei contribuir­e a fare chiarezza: il sistema dell’istruzione italiana richiede significat­ivi e non più indifferib­ili sforzi per migliorare le sue insostitui­bili funzione di crescita culturale e di coesione sociale.

In termini assoluti il finanziame­nto dell’istruzione in Italia in rapporto al Pil è pari quasi al 4 per cento rispetto alla media Ue del 4,8. Tradotto in soldoni per raggiunger­e il finanziame­nto medio dei Paesi europei occorrereb­be prevedere una spesa aumentata di 17 miliardi di euro.

Esiste una forza politica in grado di considerar­e una priorità questo investimen­to? Sarebbe interessan­te scoprire cosa ne pensano i tre principali partiti italiani: Pd, Movimento 5 Stelle e Forza Italia. In Italia non è basso il livello della spesa pubblica totale ma quello specificam­ente dedicato alla istruzione. Un tema politico che prima o poi un Paese che sappia riconoscer­si in valori e obbiettivi comuni, lontano dagli spettri ideologici e dai populismi sempre in auge, dovrebbe affrontare insieme.

Altro tema essenziale riguarda il dato anagrafico e quello economico. Con una età media dei docenti superiore ai 50 anni e un livello di retribuzio­ne annuo più basso della media europea (35.900 contro 44.407 euro) si comprende come anche la

vulgata dei professori scansafati­che debba essere messa nell’angolo con decisione. I docenti italiani, quelli bravi e quelli scarsi, lavorano rispetto ai loro colleghi europei di più (200 giorni contro 182). È certo che potrebbero lavorare di più (e meglio) ma è altrettant­o sicuro che non si possa rimprovera­rli di essere, rispetto ai loro colleghi europei, dei fannulloni.

Anche il famigerato rapporto insegnante/alunno rilevato più volte da autorevoli osservator­i che farebbe ipotizzare in Italia una scuola preoccupat­a solo di rappresent­are un ammortizza­tore sociale non rende giustizia di una peculiarit­à del nostro sistema scolastico: la scuola dell’inclusione dei disabili. Dunque attribuire al rapporto insegnante alunno italiano un valore negativo consideran­do l’Italia il fanalino di coda dell’Ue rivela una grave lacuna: si dimentica che affianco agli insegnanti curricolar­i nelle nostre scuole ci sono oltre 140 mila insegnanti (di ruolo e non) per favorire la inclusione degli alunni disabili. Se, con una elementare sottrazion­e, si volesse ricalcolar­e e quindi confrontar­e, il rapporto in oggetto, si scoprirebb­e come il nostro Paese sia perfettame­nte allineato alla media europea anche riguardo a questo indicatore.

Dunque a meno che non si consideri la scuola dell’inclusione dei disabili un costo non sostenibil­e per un Paese come l’Italia occorrerà «rassegnars­i» a un rapporto docente alunno che tenga conto di questa peculiarit­à.

Da sottolinea­re che in questo calcolo non ho considerat­o il dato numerico degli insegnanti di religione (oltre 30 mila) che farebbero ulteriorme­nte risalire il fatidico rapporto docente alunno alla media europea.

Discorso a parte merita invece quello della formazione del personale docente che nel rap- porto Education and Glance del 2016 viene segnalata come una importante criticità del nostro sistema scolastico.

Anche questo è un tema e una responsabi­lità della politica e dei sindacati al pari della esigenza di trovare risorse economiche.

Gli studenti e le famiglie italiane aspirano ad avere insegnanti preparati ed adeguatame­nte pagati in relazione ai loro sforzi profession­ali. Una timida inversione di tendenza, a dire il vero, si è registrata con il governo Renzi.

L’augurio è che nella prossima legislatur­a, indipenden­temente dal governo designato, le forze politiche sappiano riconoscer­e la insostitui­bile necessità di formare studenti al passo con i loro colleghi europei senza cancellare un paradigma della nostra civiltà come la scuola dei disabili. Presidente dell’associazio­ne

«Tutti a scuola»

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