L’autarchia che (non) salva il nostro cinema
Ecosì, grazie a un decreto che il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini porta in Consiglio dei Ministri che (purtroppo) l’approverà, avremo l’autarchia buona, il protezionismo culturale accettabile, le frontiere benvenute, i muri che separano le idee e l’arte nel segno del bene, la chiusura nazionalista nel segno del giusto, l’esterofobia felice, la piccola patria recuperata. Ancora non hanno stabilito, come accadde già in Italia, che al posto di «bar» andrebbe imperiosamente detto «mescita», ma spiritualmente ci siamo: quando parte il motore autarchico, non si sa mai dove si andrà a finire. Semplicemente vogliono imporre per legge alle tv giustamente riottose e preoccupate l’obbligo di trasmettere una volta alla settimana (alla Rai due, perché è cosa loro) film italiani in prima serata. Sperano di rimettere in moto le sorti del cinema italiano, ma l’unica cosa che metteranno in moto sarà la fuga accelerata e massiccia degli spettatori dalle tv tradizionali verso i nuovi e più liberi mezzi di trasmissione e di comunicazioni (tipo computer, tablet e smartphone, temibili armi nelle mani del malvagio straniero). Dicono di voler risollevare la nostra produzione cinematografica: si illudono. Dicono che l’arte e la cultura non sono merci come le altre. Ma così è ancora peggio: una politica di dazi per difendere il parmigiano nostrano e il Marrone del Mugello si può pure capire e se lo fa Trump con l’«American first» (cattivo) non si capisce perché l’egoismo protezionista «prima l’Italia» (buono) non possa essere applicato per ritorsione nella difesa patriottica di qualche merce nazionale. Ma le idee, l’arte e la cultura, che appunto non sono merci come le altre, hanno bisogno dell’ossigeno della libertà, dell’apertura, dello scambio e non devono difendere un orticello tricolore, rivendicare un primato stabilito dalla legge e non dal consenso del pubblico, di chi sceglie di vedere buoni film e non perché è costretto. E sceglie di vedere buoni film, e non film obbligatoriamente italiani. Ma contro il virus dirigista non è stato ancora inventato un efficace vaccino, e purtroppo, bisogna ammetterlo con un certo rammarico, il vaccino del mercato non ha dato i frutti sperati. Per cui ci si illude che tornando indietro nei fasti autarchici si possa fare del bene al nostro cinema. Povero cinema. E povere televisioni.