Ansia, tosse e caramella L’ora più difficile di May
Tossisce, si ferma, fatica a concludere il discorso che doveva rilanciarla. «Leadership finita»
Quello di Manchester doveva essere il discorso della resurrezione: rischia di essere la pietra tombale per Theresa May. L’incursione di un comico sul palco scatena l’ansia e l’attacco di tosse, tanto da farle perdere la voce. Così il cancelliere Hammond le allunga una caramella.
Tutto quello che poteva andare male è finito anche peggio. Il discorso di Theresa May al congresso del partito conservatore doveva segnare la sua resurrezione politica, dopo il fiasco delle elezioni di giugno che aveva gravemente intaccato la sua autorità: ma si è tramutato in un disastro di comunicazione e d’immagine tale da mettere a repentaglio la sua stessa sopravvivenza alla guida del governo.
La premier britannica è arrivata sul palco di Manchester con una faccia tesissima, quasi a dar ragione alla vignetta di un giornale del mattino che aveva paragonato il suo discorso a un’esecuzione pubblica. La prima parte dell’orazione è comunque filata via liscia, finché non è accaduto l’imprevisto: un comico, Simon Brodkin, che era riuscito chissà come ad accreditarsi al congresso, si è avvicinato al podio e ha allungato alla premier esterrefatta una «lettera di licenziamento», urlando che gli era stata commissionata da Boris Johnson, l’ambizioso ministro degli Esteri che una notte sì e l’altra pure sogna di insediarsi a Downing Street.
Il disturbatore viene portato via dagli agenti di sicurezza e arrestato dalla polizia, Theresa May tenta di ricomporsi e riprendere il filo del discorso, ma è come se qualcosa si fosse incrinato nella sua corazza: comincia a perdere la voce, tossisce, si aggrappa nervosamente al bicchiere d’acqua che le sta davanti sul leggio. La tortura va avanti per lunghi minuti, la premier è costretta a interrompersi più volte, in platea si teme che possa non farcela a portare a termine il discorso.
A un certo punto il Cancelliere dello Scacchiere, Philip Hammond, si alza dalla prima fila e le porge una caramella per la gola. Ma non sembra bastare. Allora si vede Amber Rudd, la ministra dell’Interno, intimare agli altri membri del governo di alzarsi in piedi e applaudire, in modo da dare a Theresa il tempo di riprendere il fiato. La leader del governo riesce ad andare avanti faticosamente, ma verso la fine del discorso la beffa va a sommarsi al danno: le lettere che compongono lo slogan del congresso cominciano a staccarsi dalla scenografia alle sue spalle e a cascare per terra, quasi un segno di una leadership e di un partito ormai in pezzi.
Theresa May finalmente conclude un’orazione che si era fatta uno strazio e il marito sale sul palco ad abbracciarla: più che per congratularsi, per consolarla, prima di scortarla via rapidamente. «Sono molto orgogliosa di lei — commenta col Corriere Kemi Badenoch, la deputata di orgine nigeriana che aveva pronunciato il discorso di introduzione —. Io al suo posto in quelle condizioni mi sarei data malata».
Ma non tutti la vedono allo stesso modo. Una fonte del partito molto vicina a Downing Street, sotto stretta condizione di anonimato, è lapidaria: «È morta davanti ai nostri occhi», commenta nel foyer, aggiungendo che «non potrà andare oltre la primavera, quando ci sarà una sfida per la leadership», ma che potrebbe anche essere «questione di giorni» prima che la accompagnino alla porta. Finora sembrava che i conservatori si fossero accordati per lasciare in sella Theresa May fino al 2019, in modo da farle concludere i negoziati sulla Brexit. Ma da stamattina i ministri e i deputati si interrogheranno su cosa fare di una premier che si è giocata la residua credibilità che le restava.