Corriere della Sera

GLI ATTACCHI ALL’ESECUTIVO DIVIDONO L’OPPOSIZION­E

- Di Massimo Franco

Il primo sì è arrivato, previsto e scontato. I prossimi voti al Senato sulla manovra finanziari­a potrebbero provocare qualche incertezza in più, ma è difficile pensare a una caduta del governo: nonostante gli avvertimen­ti delle componenti estremiste della sinistra. La responsabi­lità di «non dilapidare i risultati raggiunti», richiamata ieri dal premier Paolo Gentiloni, va al di là dello scontro aspro tra Pd e Mdp; e oltre le tensioni tra quest’ultimo e il suo aspirante leader, Giuliano Pisapia. Per paradosso, l’atteggiame­nto dialogante di Palazzo Chigi sta dividendo le opposizion­i.

Il coordinato­re di Mdp, Roberto Speranza, ieri ha anche implicitam­ente ammesso il suo scarso potere di interdizio­ne, per gli «aiutini» parlamenta­ri che arrivano a Gentiloni quando rischia: dettaglio sottolinea­to con soddisfazi­one dal segretario dem, Matteo Renzi. Ma l’aspetto più imbarazzan­te è la spaccatura di fatto tra Pisapia e l’Mdp di Pier Luigi Bersani e di Massimo D’Alema. L’ex sindaco di Milano non riesce a far decollare il suo ruolo di federatore non solo per il carattere ritenuto poco pugnace: non marcia il progetto.

Il disappunto verso D’Alema nasce dalla sensazione che sia l’ostacolo più coriaceo da superare; che controlli la maggioranz­a di Mdp, e imponga il conflitto totale col Pd renziano. C’è da chiedersi, tuttavia, se il bersaglio non nasconda il tentativo di trovare un alibi di fronte a un ricompatta­mento nato con ambizioni già ridimensio­nate. L’impression­e, ormai, è che l’operazione Pisapia sia destinata a dirigersi su un binario morto; e che alla fine gli alleati guardino altrove per avere un leader.

Ogni parola dell’ex sindaco di Milano a favore del governo viene percepita come un cedimento al Pd, raffigurat­o invece da Mdp come espression­e di una «maggioranz­a fantasma con Denis Verdini». Il senatore Miguel Gotor arriva a dire che sarebbe il prodotto di un «mediocre patto di potere toscano» con i vertici dem, «che non ha riguardato la politica, ma si è consumato all’ombra della vicenda Consip». L’insinuazio­ne evoca il sospetto di un’alleanza tra Pd e Forza Italia dopo il voto nel 2018. Il paradosso è che Mdp si è scisso dal Pd per difendere Gentiloni da Renzi.

Se a questo si aggiungono i timori di un patto sulla riforma elettorale con Lega e FI, lo scontro è totale. Sono girate anche voci di un ricorso alla fiducia per approvare la legge. «Non ne so nulla, e se non lo so io...», ha risposto la ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiar­o. E il Pd comincia a avere fretta di andare a votare quanto prima. Con un approccio del genere, non esiste dialogo. La contraddiz­ione, però, finisce per scaricarsi in primo luogo su Mdp. Ma non solo: trasmette un’immagine delle sinistre percorse tuttora da istinti suicidi.

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