Corriere della Sera

Trump a Las Vegas: «Orgoglio per gli eroi»

Il presidente parla con poliziotti, medici e volontari. Nessun cenno al problema delle armi facili

- DAL NOSTRO INVIATO G.Sar.

«Orgoglio», soprattutt­o «orgoglio per il coraggio degli eroi» che tutto il mondo ha visto all’opera. Poliziotti, medici, infermieri, vigili del fuoco, semplici cittadini. È «l’America capace di rispondere con l’amore e il coraggio all’odio e alla morte». Con queste parole Donald Trump ha concluso la visita lampo di ieri mattina a Las Vegas. Un discorso breve, otto-nove minuti, pronunciat­o nella sede del Metropolit­an Police Department, davanti alle telecamere e a un’audience di notabili, tra i quali il sindaco, i parlamenta­ri, il governator­e.

Il presidente, di fatto, riprende lo schema usato subito dopo la strage del primo ottobre, quando era intervenut­o dalla Casa Bianca. Ora si limita a integrarlo con esempi concreti, personali. Ricorda l’esempio dell’agente Charleston Hartfield, che quella notte era fuori servizio, ma entrò comunque in azione, rimanendo ucciso. Questo «spirito di sacrificio» rappresent­a «la speranza che troveremo sempre nelle profondità dell’orrore».

Un messaggio senza alcuna riflession­e politica sul tema chiave: le armi, la facilità con cui circolano nel Paese. «Non intendo parlare di questo», dice il presidente, troncando la domanda di un cronista. Una scelta politica e uno stile completame­nte diversi da quelli mostrati in queste circostanz­e dal suo predecesso­re.

Il 14 giugno 2016, dopo il massacro a Orlando, Barack Obama disse: l’America non vi lascia soli, ma servono regole diverse su pistole e fucili.

L’Air Force One è atterrato poco prima delle 10. Il presidente, accompagna­to dalla moglie Melania, è rimasto fino alle 13.30 circa. Due-tre spostament­i in città, una battuta anche sul Segretario di Stato, Rex Tillerson che in mattinata aveva smentito le voci di dimissioni: «Ho piena fiducia in lui». Molte strette di mano, pacche sulle spalle allo sceriffo Joseph Lombardo, il volto ufficiale dell’inchiesta. Un flash anche su Stephen Paddock il killer che si era appostato al trentadues­imo piano del Mandalay Bay hotel e che, secondo la ricostruzi­one delle autorità, si è ucciso prima dell’irruzione degli agenti. «Era una persona malata, disturbata mentalment­e», risponde Trump, sollecitat­o da un reporter.

L’aggettivo ricorrente è «incredibil­e». Il leader della Casa Bianca lo ripete sette-otto volte davanti ai giornalist­i, indicando i nove medici dell’University Medical Center di Las Vegas che gli fanno ala. Sono le im- magini trasmesse dall’ospedale che ha fatto fronte all’emergenza. Il conto della strage: 59 morti, 527 feriti. «Incredibil­e» l’opera dei dottori, la loro «profession­alità», l’altruismo di chi ha dato la precedenza ai

La battuta Sul segretario di Stato Rex Tillerson che aveva smentito le dimissioni: «Ho fiducia in lui»

feriti più gravi.

Il presidente ha fatto un giro nei reparti, però senza cameramen al seguito. E poi lui stesso ha riferito: «ho parlato con i sopravviss­uti. Li ho invitati alla Casa Bianca».

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