La mafia nei locali della Dolce vita «Il mondo è corrotto e resterà così»
Tra i 37 fermati un avvocato e 2 carabinieri dei Ros e dei servizi: passavano notizie ai clan
Berti e dello zio proprietario del Caffè Veneto, secondo la ricostruzione della Procura di Roma, che insieme a quella di Caltanissetta ha coordinato la maxioperazione in cui sono stati arrestati Rinzivillo, Valenti e altre 35 persone. «Una delle più importanti degli ultimi anni», annuncia il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.
Tra gli arresti ci sono l’avvocato romano Giandomenico D’Ambra, accusato di «concorso esterno» perché sospettato di aver ripetutamente collaborato con Rinzivillo nei suoi traffici illeciti, e due carabinieri — uno transitato ai servizi segreti e l’altro in forza al Ros — inquisiti per accesso abusivo alle banche dati delle forze dell’ordine, con l’aggravante di agevolare i mafiosi; prendevano
L’estorsione Al «Caffè Veneto» il clan Rinzivillo aveva imposto un’estorsione da 180 mila euro
notizie riservate e le passavano agli uomini legati al boss, anche sul conto del titolare del bar di via Veneto.
«Il mondo è così, è nato corrotto e corrotto morirà, nessuno riesce a sistemare il mondo», diceva in un colloquio intercettato Rinzivillo, e il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone commenta: «È un principio che noi rigettiamo totalmente. La corruzione, come la mafia, può e deve essere combattuta e sconfitta, oggi ci siamo noi a contrastare l’una e l’altra, domani ci saranno altri».
Uno dei due carabinieri è sospettato di aver partecipato anche ad attività utili a portare a termine l’estorsione al bar di via Veneto, poi sequestrato e chiuso per altre vicende giudiziarie. Dopo la prima minaccia, Berti chiamò un suo cliente, l’ex mafioso palermitano ed ex collaboratore di giustizia Baldassarre Ruvolo, che provò a mediare. Ma l’unico risultato fu un secondo pizzino, ancor più minaccioso: «Senti brutto sbirro, tu e quel palermitano… se entro venti giorni non si presenta tu verrai abbattuto, i soldi non contano più nulla…». Le trattative proseguirono con altre intimidazioni e un incontro dell’ex pentito con un siciliano armato di pistola che ribadì l’ordine di «togliere i debiti con Santino». Per il giudice, questa e altre vicende dimostrano l’applicazione del «metodo mafioso».
L’espansione del clan Rinzivillo, stando alle indagini condotte da polizia, carabinieri e Guardia di finanza, non s’è fermata alla capitale. È arrivata fino in Lombardia e poi in Germania, dove il boss Salvatore avrebbe stabilito contatti, finalizzati al traffico di droga, con il latitante di ‘ndrangheta Antonio Strangio, gestore del ristorante dove dieci anni fa avvenne la strage di Duisburg. Con i fratelli rinchiusi al «41 bis», Salvatore Rinzivillo riusciva a concordare le «scelte strategiche dell’organizzazione» durante i colloqui in cui utilizzava «un linguaggio criptico e cifrato».