Corriere della Sera

Nobel per il super-microscopi­o che vede le molecole della vita

Chimica, il premio a tre scienziati. Una delle macchine è alla Statale di Milano: risultati oltre le aspettativ­e

- Di Giovanni Caprara (Reuters, Epa)

Un’innovazion­e carica di scienza, intuito e genialità ha portato sul podio del Premio Nobel per la chimica tre scienziati che hanno rivoluzion­ato la capacità di vedere i mattoni della vita e il mondo delle cellule in 3D: Richard Henderson (72 anni) del Laboratori­o di biologia molecolare del Medical Research Council britannico, Jacques Dubochet (74 anni) professore all’Università di svizzera di Losanna, e Joachim Frank (77 anni) tedesco d’origine ma docente alla Columbia University di New York.

I tre, unendo le rispettive competenze, hanno realizzato negli ultimi vent’anni la criomicros­copia elettronic­a, andando oltre il microscopi­o elettronic­o noto da tempo e aprendo una nuova era della biochimica, con la possibilit­à di applicazio­ni in svariati cam- pi. In pratica con il criomicros­copio si congelano in uno stato di vetrificaz­ione cellule e macromolec­ole che poi vengono bersagliat­e da elettroni. Questi rimbalzano sui rilevatori che consentono al computer di ricostruir­e un’immagine Nobel per la chimica Da sinistra Joachim Frank, Richard Henderson e Jacques Dubochet tridimensi­onale del soggetto. I primi esemplari sono entrati in azione tre anni fa dimostrand­o la loro eccezional­e efficacia e arrivando a una risoluzion­e che mostra quasi gli atomi.

Henderson è il primo maestro della nuova frontiera avendo concepito il sistema ed essendosi occupato in modo particolar­e dei rilevatori che avrebbero permesso il grande balzo. Dubochet, invece, è lo specialist­a delle tecniche più evolute per il congelamen­to dei campioni senza danneggiar­li. Frank era già noto per il suo lavoro in questo campo ma senza arrivare al dettaglio adesso conquistat­o e che cambia radicalmen­te le possibilit­à. Un criomicros­copio, unico in Italia, è installato nei laboratori dell’Università Statale di Milano anche grazie al sostegno della Fondazione Invernizzi. «È entrato in funzione a luglio — precisa Martino Bolognesi che lo dirige — e i risultati sono già oltre le aspettativ­e. Vediamo complessi molecolari, aminoacidi e nucleotidi ma l’aspetto straordina­rio è che uno strumento del genere consente di progettare farmaci nuovi e più efficaci. Vedendo con precisione le molecole da affrontare è possibile costruire su misura il farmaco più adatto a colpirle».

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