La difficoltà di vivere nella danza di Béasse
Negli spettacoli della giovane regista francese Nathalie Béasse c’è un vento che spezza i fili narrativi, i fili visivi, si svelano movimenti di scene, la costruzione di effetti. Il racconto si rompe, il testo diventa corpo, silenzio, vuoto, rumore, materia da sperimentare, creta cui dare forma, come agli spazi.
Mai qualcosa di convenzionale ma folgorazioni, frammenti, focus che evocano una storia. Così è il suo ultimo spettacolo Le bruit des arbres qui tombent (Théâtre de la Bastille, Parigi) presentato all’interessante Biennale al femminile, che racconta con le parole — poche —, con i corpi, con i movimenti e con le immagini, sensazioni fisiche, emozioni, riflessioni sull’esistenza, sulla società, l’uomo e la materia sul rapporto che regola il tangibile e il sensibile.
È uno spettacolo pittorico, molto bravi i quattro attori/ danzatori, che evoca la famiglia, l’infanzia, l’essere genitori, l’essere figli, la difficoltà di vivere e di essere.
È un’osservazione dell’invisibile, dei sentimenti, delle sensazioni che nascono nelle famiglie, comunicazioni problematiche; e lo fa con lievità e umorismo in un caleidoscopio di immagini e con l’urgenza di farsi ascoltare, denunciare ciò che pesa sui cuori e sulle menti nelle nostre società.