Corriere della Sera

La difficoltà di vivere nella danza di Béasse

- di Magda Poli

Negli spettacoli della giovane regista francese Nathalie Béasse c’è un vento che spezza i fili narrativi, i fili visivi, si svelano movimenti di scene, la costruzion­e di effetti. Il racconto si rompe, il testo diventa corpo, silenzio, vuoto, rumore, materia da sperimenta­re, creta cui dare forma, come agli spazi.

Mai qualcosa di convenzion­ale ma folgorazio­ni, frammenti, focus che evocano una storia. Così è il suo ultimo spettacolo Le bruit des arbres qui tombent (Théâtre de la Bastille, Parigi) presentato all’interessan­te Biennale al femminile, che racconta con le parole — poche —, con i corpi, con i movimenti e con le immagini, sensazioni fisiche, emozioni, riflession­i sull’esistenza, sulla società, l’uomo e la materia sul rapporto che regola il tangibile e il sensibile.

È uno spettacolo pittorico, molto bravi i quattro attori/ danzatori, che evoca la famiglia, l’infanzia, l’essere genitori, l’essere figli, la difficoltà di vivere e di essere.

È un’osservazio­ne dell’invisibile, dei sentimenti, delle sensazioni che nascono nelle famiglie, comunicazi­oni problemati­che; e lo fa con lievità e umorismo in un caleidosco­pio di immagini e con l’urgenza di farsi ascoltare, denunciare ciò che pesa sui cuori e sulle menti nelle nostre società.

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Corpi Una scena di «Le bruit des arbres qui tombent» in scena a Parigi

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