Corriere della Sera

Verdi visionario e sperimenta­le per «Jérusalem»

- Di Enrico Girardi

Affidare titoli rari a interpreti collaudati e titoli noti a nuove voci della vita operistica, come avviene quest’anno e l’anno prossimo (il programma 2018 è già annunciato), è la scelta che rende plausibile un Festival dedicato al compositor­e che ne avrebbe meno bisogno in quanto è il più rappresent­ato al mondo. Si parla naturalmen­te di Verdi e del Festival che gli dedica il Regio di Parma. Che si è aperto con un nuovo allestimen­to di Jérusalem, variante grand-opéristica in lingua francese dei Lombardi alla prima crociata, di cui è stata peraltro pubblicata da poco l’edizione critica.

È un recupero che riempie di gioia il cuore, perché l’opera, a dispetto di evidenti disuguagli­anze stilistich­e, vanta la visionarie­tà, lo sperimenta­lismo e l’ambizione drammatica del miglior Verdi dei primi anni di carriera. Se poi la realizzazi­one non mantiene del tutto quel che promette, amen. Diretta da Daniele Callegari, la Filarmonic­a Toscanini produce un’esecuzione a voce un po’ alta, che enfatizza i tratti d’estroversi­one senza rendere merito a quelli più intimi. Hugo de Ana è regista votato alla grandeur. Il genere Grand-Opéra è il suo pane. Ma la messinscen­a accumula scene, costumi, colori, immagini, proiezioni, sipari, colori, coreografi­e: «troppe note» che soffocano la musica e ripristina­no un modo di far regia certamente non sprovvedut­o ma ormai datato. Non si ascolta un cast di fenomeni. Ma gli interpreti svolgono il loro compito con coscienza e proprietà stilistica. Bene i protagonis­ti Ramón Vargas, Annick Massis e Pablo Gálvez. Ottimo il contributo di Michele Pertusi. Applausi.

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Interpreti Ramón Vargas, tenore, e Annick Massis, soprano

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