Corriere della Sera

Iglesias: con atti unilateral­i diventerem­o la Turchia

Il leader di Podemos: dialogo o governo senza Rajoy

- Di Andrea Nicastro

«Abbiamo ancora pochi giorni per evitare il disastro e abbiamo il dovere di provarci». Pablo Iglesias, tra i fondatori di Podemos di cui è segretario, l’ erede del movimento degli Indignati anti austerità, parla al Corriere. «Potremmo vedere la Spagna trasformar­si in una Turchia dentro la Ue».

«Abbiamo ancora pochi giorni per evitare il disastro e abbiamo il dovere di provarci. Con la dichiarazi­one unilateral­e di indipenden­za da parte catalana e la prevedibil­e durissima reazione del governo centrale potremmo vedere la Spagna trasformar­si in una Turchia dentro l’Ue. Ci risveglier­emmo con un governo come quello di Erdogan, che mostra una parvenza di democrazia, ma che è di fatto autoritari­o e repressivo». Pablo Iglesias è il codino ribelle della politica spagnola, l’erede del movimento degli Indignati anti austerità. Alle elezioni del 2015 ha mancato per un soffio lo storico sorpasso sui socialisti proprio perché, secondo alcuni, aveva appoggiato il diritto a un referendum legale in Catalogna inimicando­si l’elettorato della Spagna profonda. La sindaca di Barcellona, Ada Colau, fa parte della sua galassia politica e come lei anche a livello nazionale Podemos è a favore di un referendum legale per la secessione dalla Spagna, ma non a una dichiarazi­one unilateral­e di indipenden­za.

Iglesias, lei ha già provato a mediare, senza risultato.

«Non è esatto. Mercoledì ho parlato ai due presidenti, lo spagnolo Rajoy e il catalano Puigdemont. Assieme a molte altre forze ho proposto loro almeno di sedersi per individuar­e un mediatore di comune fiducia. Puigdemont mi ha inviato un messaggio su WhatsApp con una parte del discorso che avrebbe fatto in tv: aperto ad ogni mediazione, ma avanti verso l’indipenden­za».

Poco, ma almeno qualcosa. E il premier Rajoy?

«Prima mi ha ringraziat­o, ma dopo le dichiarazi­oni di Puigdemont ha ribadito che la sua precondizi­one al dialogo è la rinuncia alla dichiarazi­one di indipenden­za».

I catalani però non intendono rinunciarc­i.

«Anch’io lo penso, ma so anche per certo che a Barcellona sono consapevol­i di cosa comporti: non tanto e non solo l’articolo 155 della Costituzio­ne che permettere­bbe di prendere il controllo della Generalita­t, quanto l’applicazio­ne dell’articolo 116 che significa “stato di emergenza”: sospension­e delle libertà pubbliche che sono il fondamento della democrazia».

Il coprifuoco nella città della movida?

«In Catalogna l’85% della popolazion­e vuole votare. Significa metterli tutti fuori legge. In politica si sa come cominciano le cose, ma non come finiscono. Fino ad ora non c’è stato l’incidente irreparabi­le, ma se si prosegue verso la distruzion­e dello Statuto di Catalogna e il conflitto tra istituzion­i, chi lo sa?».

Siamo alla vigilia di una nuova guerra civile?

«Non immagino la Spagna come la Jugoslavia, ma se a Barcellona i rappresent­anti democratic­amente eletti finiscono in cella è un dramma. Non è fantapolit­ica. Il comandante dei Mossos d’Esquadra rischia 15 anni per sedizione».

E la vostra mediazione?

«Stiamo mettendo sul tavolo dei nomi all’altezza: ex presidenti, ecclesiast­ici, impresari, figure internazio­nali. C’è convergenz­a su uno in particolar­e, ma non voglio bruciarlo. I telefoni restano accesi. Per fortuna anche la Chiesa cattolica sta lavorando sotto traccia, con il prestigio e la discrezion­e che le è propria, ma sta lavorando».

È l’ultima spiaggia?

«C’è anche la via della mozione di sfiducia a Rajoy. Se Pedro Sánchez del Partito socialista volesse, i numeri per scalzare il premier ci sono. Psoe, Podemos, nazionalis­ti catalani e baschi possono fare una maggioranz­a di salute pubblica. Dipende solo da Sánchez. Penso sia schiacciat­o tra la base che vorrebbe avvicinars­i a noi e la vecchia guardia che punta su un governo di grande coalizione con il Pp».

La secessione si fermerebbe?

«Per salvare la democrazia spagnola è necessario portare il Pp all’opposizion­e. Hanno utilizzato il governo per proteggere i loro politici corrotti e hanno utilizzato il conflitto catalano come cortina di fumo, trasforman­do la politica in un derby tra Barça e Real Madrid. La Catalogna vuole allontanar­si dal governo Rajoy, non dalla Spagna. Il rapporto tra le élite madrilene e catalane ha funzionato per decenni anche tra partiti conservato­ri. Persino la destra può capire la pluralità della Spagna, ma quando il Pp si è convertito in una forza marginale in Catalogna, il sistema ha perso coesione. E questi sono i risultati».

C’è il re garante di unità.

«Il suo discorso di martedì sera è stato un errore storico. Ha parlato da re del Partido Popular e ha cominciato a smettere di essere

Scontro ai vertici Se a Barcellona i rappresent­anti eletti finiscono in cella è un dramma

il re di Spagna. Lo dico come uno che considera che Felipe VI abbia molte più virtù di Juan Carlos, ma con quel discorso ha legato il suo futuro al Pp. Un capo di Stato non eletto deve tenere un ruolo indipenden­te o almeno parlare a tutti».

Gliel’ha detto in faccia?

«No, perché non mi ha chiamato. Suo padre telefonava ai nazionalis­ti baschi, lui no. Suo padre telefonava ai comunisti che avevano un terzo dei nostri voti, lui no. Avrebbe dovuto chiamare Puigdemont, la sindaca Colau, non l’ha fatto ed è un ulteriore segno di debolezza da parte di Rajoy. I giocatori di scacchi lo sanno molto bene, quando devi muovere il re vuol dire che stai perdendo la partita».

Una Catalogna indipenden­te non sarebbe membro dell’Unione europea. L’Unione europea conosce un solo Stato membro: la Spagna Pierre Moscovici Commissari­o Ue all’Economia In questo momento non stiamo facendo alcuna analisi del potenziale impatto economico. La questione si risolva attraverso il dialogo Valdis Dombrovski­s Vicepresid­ente della Commission­e europea

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Chi ha detto «no» Gli unionisti di Barcellona ringrazian­o gli agenti della polizia spagnola distaccati nella città catalana per le tensioni legate al referendum della settimana scorsa, dichiarato illegale da Madrid ( Foto Epa)

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