Corriere della Sera

«Non farò politica Beppe Grillo? Mai incontrato»

Il magistrato: la prescrizio­ne? Per i politici ha un peso diverso rispetto agli altri

- Di Giovanni Bianconi

«Mai incontrato Grillo in vita mia né ho mai partecipat­o alla stesura di qualsivogl­ia emendament­o che punti a estromette­re Berlusconi dalla vita politica». È secca la smentita del magistrato Piercamill­o Davigo dopo le notizie degli ultimi giorni. «La prescrizio­ne? Per i politici ha un peso diverso».

«Già domenica mattina ho mandato una e-mail al mio avvocato per dirgli di predisporr­e una querela contro Il Giornale ».

Quel giorno campeggiav­a un titolo un prima pagina: «Trame a 5 stelle - Ecco chi è il mandante dell’agguato a Berlusconi - Vertici segreti tra Grillo e Davigo dietro la legge per fare fuori il cavaliere dalla vita politica».

Che cosa c’era di sbagliato, dottor Davigo?

«Tutto. Non ho mai incontrato Grillo in vita mia, se non quarant’anni fa, lui sul palco e io spettatore di un suo spettacolo. Né ho mai partecipat­o all’ideazione o alla stesura di qualsivogl­ia emendament­o alla legge elettorale che punti a estromette­re Berlusconi dalla vita politica».

E dopo domenica che cosa è successo?

«Lunedì ho telefonato allo stesso avvocato per raccomanda­rgli di sbrigarsi a presentare la denuncia, senza aspettare come suo solito la scadenza dei novanta giorni di tempo, perché tra tante diffamazio­ni questa mi dà molto fastidio».

Risultato?

«Domani (oggi per chi legge, ndr) andrò nel suo studio a firmare la querela. E mi pare che questa cronologia contenga in sé la smentita attesa dal collega Galoppi».

Claudio Galoppi è il componente del Consiglio superiore della magistratu­ra che ieri, in un’intervista a Il Foglio intitolata «Bordata dal Csm contro Davigo», ha detto, a proposito delle notizie riportate da Il Giornale: «Mi auguro che arrivi presto una smentita; se Davigo non smentirà, non potranno non esserci conseguenz­e». Galoppi è un rappresent­ante di Magistratu­ra indipenden­te, la corrente considerat­a più a destra nella classifica­zione politico-culturale delle toghe, da cui Piercamill­o Davigo è uscito due anni fa insieme a un consistent­e numero di colleghi, fondando il gruppo chiamato Autonomia e indipenden­za. Tra i motivi della scissione da Mi c’era anche il dissenso con la posizione del leader Cosimo Ferri, che da quattro anni e mezzo occupa la poltrona di sottosegre­tario al ministero della Giustizia, inizialmen­te come tecnico in quota Forza Italia e poi, dopo l’uscita di Berlusconi dalla maggioranz­a del governo Letta, come tecnico e basta.

Nella sua intervista Galoppi s’è detto allibito se davvero lei avesse affermato che chi non rifiuta la prescrizio­ne dovrebbe vergognars­i, perché «non spetta a un magistrato esprimere valutazion­i morali sulle scelte processual­i». Che cosa replica?

«Che io non stavo parlando della prescrizio­ni in generale né delle scelte processual­i di un cittadino comune, ma del caso specifico dell’ex presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, cioè di una persona che ha svolto ruoli amministra­tivi. E non ho fatto valutazion­i morali, bensì ho citato e interpreta­to l’articolo 54 della Costituzio­ne, secondo il quale “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore”. Non mi pare che chi evita una condanna grazie alla prescrizio­ne possa rivendicar­e di aver svolto il suo compito con onore».

Dunque secondo lei un uomo politico deve sempre rinunciare alla prescrizio­ne?

«Può fare quello che vuole, ma la Costituzio­ne pone una netta distinzion­e tra i cittadini che esercitano funzioni pubbliche e tutti gli altri. Non sono uguali, perché chi amministra ha doveri e obblighi in più, tra cui quello di adempiere al proprio ruolo con onore. Mi sembra strano che debba ricordare queste cose a un magistrato che siede al Csm».

L’altra sera in tv le hanno chiesto chi risarcisce le persone che escono innocenti dai processi, e lei s’è alterato. Perché?

«Perché nell’elenco avevano inserito Penati, che per un reato ha usufruito della prescrizio­ne pur avendo dichiarato in passato che vi avrebbe rinunciato,

e dunque non mi pare che ci sia nulla da risarcire. Io come magistrato svolgo funzioni pubbliche, e se in un procedimen­to penale vengo accusato di reati poi dichiarati prescritti, per quei fatti scatta l’azione disciplina­re. Altro che risarcimen­to».

Dietro il dibattito che a intermitte­nza si riaccende sulle sue dichiarazi­oni c’è sempre il retropensi­ero che un giorno lei possa scendere in politica, e assumere una carica di governo.

«Sono 25 anni che rispondo che non mi interessa, e che non farò mai politica. E lo ribadisco, di più non posso fare».

Il prossimo anno si voterà per il Parlamento ma anche per il rinnovo del Csm. Lei si candiderà al Csm?

«A questa domanda non rispondo».

Questo significa che potrebbe farlo.

«Significa che non rispondo».

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