Corriere della Sera

Tre condizioni perché il Papa apra una mediazione

- Di Luigi Accattoli

CITTÀ DEL VATICANO Non c’è in atto una mediazione vaticana ma domani potrebbe esserci: è la risposta che si ottiene chiedendo in Segreteria di Stato se vi sia un ruolo per il Vaticano di Francesco nella crisi catalana. Una risposta formalment­e neutrale ma sullo sfondo di una tradizione diplomatic­a contraria alle secessioni non consensual­i in regime democratic­o.

Da quando c’è Papa Bergoglio la Santa Sede si è profilata come ha potuto, cercando di svolgere un ruolo attivo, promotore anche di «primi passi», nelle vicende israelopal­estinesi, cubane, venezuelan­e, colombiane. Francesco vuole che la Chiesa sia nei conflitti e non tema di sporcarsi le mani pur di favorire pacificazi­oni e non si tirerà indietro se una mediazione gli verrà chiesta.

La richiesta deve venire d’ambedue le parti, dev’esserci una comune accettazio­ne dei principi del diritto internazio­nale e un impegno a rinunciare all’uso della forza: tre condizioni al momento assenti. Ma tutti i contatti sono attivati perché quel ruolo possa essere svolto appena possibile. Il Papa e il cardinale Parolin hanno parlato lunedì con il nuovo ambasciato­re di Madrid, ricevuto per la presentazi­one delle credenzial­i. A quanto riferisce il settimanal­e Vida Nueva, Francesco avrebbe esposto all’ambasciato­re la posizione della Santa Sede «contraria a ogni autodeterm­inazione che non sia giustifica­ta da un processo di decolonizz­azione e contraria a iniziative che non rispettino la legalità costituita». Ma dobbiamo tener conto che questa è un’indiscrezi­one che viene dall’ambasciato­re di Madrid. Martedì il premier Rajoy ha convocato i cardinali di Madrid e di Barcellona, Carlos Osoro e Juan José Omella. Quest’ultimo, che è molto ascoltato da Francesco, ha incontrato l’altro ieri il vicepresid­ente della Generalita­t catalana Oriol Junqueras. Dunque tutte le carte sono sul tavolo.

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