Tre condizioni perché il Papa apra una mediazione
CITTÀ DEL VATICANO Non c’è in atto una mediazione vaticana ma domani potrebbe esserci: è la risposta che si ottiene chiedendo in Segreteria di Stato se vi sia un ruolo per il Vaticano di Francesco nella crisi catalana. Una risposta formalmente neutrale ma sullo sfondo di una tradizione diplomatica contraria alle secessioni non consensuali in regime democratico.
Da quando c’è Papa Bergoglio la Santa Sede si è profilata come ha potuto, cercando di svolgere un ruolo attivo, promotore anche di «primi passi», nelle vicende israelopalestinesi, cubane, venezuelane, colombiane. Francesco vuole che la Chiesa sia nei conflitti e non tema di sporcarsi le mani pur di favorire pacificazioni e non si tirerà indietro se una mediazione gli verrà chiesta.
La richiesta deve venire d’ambedue le parti, dev’esserci una comune accettazione dei principi del diritto internazionale e un impegno a rinunciare all’uso della forza: tre condizioni al momento assenti. Ma tutti i contatti sono attivati perché quel ruolo possa essere svolto appena possibile. Il Papa e il cardinale Parolin hanno parlato lunedì con il nuovo ambasciatore di Madrid, ricevuto per la presentazione delle credenziali. A quanto riferisce il settimanale Vida Nueva, Francesco avrebbe esposto all’ambasciatore la posizione della Santa Sede «contraria a ogni autodeterminazione che non sia giustificata da un processo di decolonizzazione e contraria a iniziative che non rispettino la legalità costituita». Ma dobbiamo tener conto che questa è un’indiscrezione che viene dall’ambasciatore di Madrid. Martedì il premier Rajoy ha convocato i cardinali di Madrid e di Barcellona, Carlos Osoro e Juan José Omella. Quest’ultimo, che è molto ascoltato da Francesco, ha incontrato l’altro ieri il vicepresidente della Generalitat catalana Oriol Junqueras. Dunque tutte le carte sono sul tavolo.