Regge il patto sulla legge elettorale Tensione sull’emendamento salva Ap
Oggi al voto la correzione per l’accesso dei piccoli partiti al Senato. Mdp: una schifezza
Tiene in commissione alla Camera il patto Pd-Fi-ApLega sulla legge elettorale per un terzo maggioritaria e per due terzi proporzionale. Il Rosatellum 2.0 ha superato la prova degli emendamenti (tutti respinti) sulla introduzione delle preferenze, del voto disgiunto e dello «scorporo» presentati da M5S, da Mdp-Articolo 1 e da FdI. Bocciata anche la norma anti Cavaliere (M5S) per impedire al «condannato» Silvio Berlusconi di apparire come leader del suo movimento. Stop, infine, anche alla ineleggibilità dei magistrati e dei presidenti di Regione (Ala).
Già domani il testo — con la riduzione dei collegi plurinominali, che saranno 65 come chiesto da Forza Italia, e con la «regionalizzazione» della soglia di sbarramento del 3% al Senato invocata da Ap — dovrebbe essere licenziato dalla commissione per approdare martedì in Aula dove i voti segreti saranno assai insidiosi.
Andrea Cecconi (M5S) ha invocato il ritorno allo «scorporo» che, ai tempi del Mattarellum, compensava i partiti deboli all’uninominale con un «aiutino» nel proporzionale. Nel Rosatellum, invece, il partito che va male nei collegi (il M5S non ama la gara all’«inglese») non avrà vantaggi nella assegnazione dei seggi proporzionali rispetto alle forze (Pd e Lega) più quotate nell’uninominale. Per i grillini poi è una «truffa» l’assegnazione automatica alle liste della coalizione dei voti ottenuti dai candidati nell’uninominale. È l’effetto «8 per mille» che ha costretto il relatore Emanuele Fiano ( Pd) a presentare un emendamento per inserire una nota sulle schede: «Qualora l’elettore tracci il segno solo sul nome del candidato i voti sono validi per la lista collegata o ripartiti tra le liste della coalizione in proporzione».
Oggi sono in arrivo due emendamenti del patto a 4: quello che porta da 3 a 4 le pluricandidature e il «3x3», che abbassa l’asticella del 30% su base nazionale per l’accesso dei partiti al Senato: basterà raggiungere il 3% in 3 regioni. La modifica chiesta da Ap viene definita «una schifezza» da Alfredo D’Attorre (Mdp): «Non siamo un piccola forza, eravamo per il 5% del tedesco...».