Corriere della Sera

IL VOTO A MARZO RESTA APPESO ALL’ACCORDO SULLA RIFORMA

- Di Massimo Franco

Tutto sembra spingere per un’approvazio­ne rapida della riforma elettorale: al punto che si ipotizza lo scioglimen­to delle Camere entro fine anno, e si continua a indicare la data delle elezioni per il 4 o l’11 marzo. Nella maggioranz­a, queste scadenze sono già state discusse. Ma rimangono appese a quell’intesa. L’accelerazi­one si deve alla sensazione, non si sa quanto fondata, che il Movimento 5 Stelle sia in una fase calante; e che il centrodest­ra fatichi a ricompatta­rsi in tempi brevi. Il vertice del Pd sembra dunque convinto di avere la maggioranz­a relativa dei voti, se si fa presto.

Significhe­rebbe poter chiedere al capo dello Stato, Sergio Mattarella, l’incarico di formare un governo dopo le Politiche. Gli emendament­i esaminati ieri, sulla soglia del 3% per entrare in Parlamento e sulla possibilit­à di eleggere senatori in tre regioni ripartendo i voti in modo diverso, è fatta per placare i centristi di Angelino Alfano; ma anche per attenuare l’ostilità del Mdp, finora fermamente ostile alla riforma che si va delineando con l’intesa Pd-FI-Lega-Ap. Se funziona, il Quirinale potrebbe finalmente chiudere la legislatur­a. A sentire il capogruppo dem Ettore Rosato, si tratta non di una norma «salva Ap», e cioè salva-Alfano. «In verità sarebbe salva-Mdp», ha detto, provocando l’irritazion­e del gruppo di Pier Luigi Bersani e di Massimo D’Alema, convinto di avere più del 3 per cento. E infatti, il «no» rimane arcigno. Ma non cambierebb­e i rapporti di forza se l’asse tra Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Angelino Alfano non si spezza. «L’accordo tiene», ha assicurato il capogruppo di FI, Renato Brunetta, dopo una giornata di trattative e di tensioni. I berlusconi­ani non vogliono concedere troppo all’ex alleato Alfano. E temono che il sistema in incubazion­e alla fine premi la Lega ma non loro: in particolar­e al Nord. La questione delle ricandidat­ure è cruciale. Ci sono decine di parlamenta­ri che sanno o hanno paura di non essere ricandidat­i o comunque rieletti. Ed è su questo che i leader di partito stanno cercando di rassicurar­li uno a uno: vogliono essere sicuri di un «via libera» che blindi un eventuale accordo; e impedisca imboscate alle Camere sulla riforma del voto. Qualche incertezza rimane. Si assiste così a una situazione singolare. Ufficialme­nte, tutto sta filando liscio, e le probabilit­à di un «sì» sembrano crescere di ora in ora: se non altro perché non si capisce che cosa potrebbe bloccare un tentativo destinato a essere l’ultimo. Poi, però, uno dei potenziali beneficiar­i del nuovo sistema elettorale, Matteo Salvini, proietta sull’operazione un’ombra di incertezza. «Temo che le beghe del Pd facciano saltare tutto», avverte il leader leghista. E allora, riservarsi un ampio margine di cautela diventa doveroso.

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