Disgelo tra Prodi e Renzi Il Prof al telefono insiste sul centrosinistra «largo»
L’ipotesi di tre liste legate a Calenda, a Bonino e ai sindaci
È accaduto la settimana scorsa. Dopo un lungo periodo in cui le comunicazioni tra i due si erano interrotte, Matteo Renzi e Romano Prodi hanno ripreso a parlarsi. Una telefonata per chiarirsi e discutere del futuro del Pd e del centrosinistra.
Il Professore è stufo di esser tirato per la giacchetta un po’ da tutti e di vedersi attribuire intenzioni che non ha. Il discorso che ha fatto a Renzi, ma che fa anche agli amici è questo: «Io penso che il Pd sia l’unico baluardo di questo Paese. Penso che rimanga il cuore di un’alleanza di centrosinistra, alleanza che non esiste senza un forte Partito democratico».
Prodi ritiene però che con la destra non si possa governare mai. Perciò insiste sul concetto di «un centrosinistra largo» e in questo senso «il Pd deve fare la sua parte, altrimenti tradisce la sua natura». Insomma, se la linea del Partito democratico, sarà così impostata, se non ci si muoverà solo con l’obiettivo di suggellare una grande coalizione con Forza Italia nella prossima legislatura, il Professore ci sarà, benché non intenda piu fare politica attiva.
Ma il centrosinistra secondo Prodi non può essere una coalizione di partiti che si mettono insieme senza un denominatore comune. «Questo denominatore — spiega Sandra Zampa — deve essere la loro capacità di governare». Il che, ovviamente, esclude automaticamente alcune forze della sinistra. Non a caso Prodi, a suo tempo, aveva sconsigliato a Pisapia di accelerare le cose: «Non correre, prendi tempo, costruisci le alleanze, sali sul palco di Santi Apostoli da solo...».
E ora la tenda del Professore dov’è? «La tenda — sorride Zampa — segue sempre lo stesso obiettivo, perché Prodi non ha cambiato idea: i tratti identitari del Pd devono essere quelli dell’alternanza di governo, oltre alla vocazione a costruire un centrosinistra largo».
Dunque Prodi non ci sta a essere rappresentato come il «grande vecchio» di una macchinazione anti-Renzi, magari in compagnia di Letta, anche perché, sottolinea un suo vecchio amico, lui «non ha mai fatto un governo con Berlusconi, come Enrico». Quello per lui è un punto fermo. E vorrebbe che lo fosse pure per il Pd di Renzi. Il quale Renzi in questi ultimi tempi si sta dedicando a consolidare rapporti per lui importanti. Quello con Sergio Mattarella. Con Walter Veltroni, con cui parteciperà a una manifestazione per i dieci anni del Pd. E con il premier (che sarà presente anche lui al compleanno del Pd). Con Paolo Gentiloni il rapporto è stretto. Tra i due c’è una sorta di patto, che verrà rispettato da entrambi. «Io non sarò mai un leader politico», ha spiegato il premier più volte, come a dire non sono in concorrenza con Renzi.
Ma il segretario del Pd sta lavorando anche ad allargare il centrosinistra, proprio così come Prodi vorrebbe. Allo stato le liste che dovrebbero allearsi con il Pd sull’uninominale dovrebbero essere tre. Una di centro moderato il cui frontman sarà Carlo Calenda (e che avrà dentro «montiani», Udc e Ap). E proprio Calenda potrebbe poi essere il futuro candidato a sindaco di Roma. La seconda dovrebbe chiamarsi Forza Europa: ci sta lavorando Benedetto Della Vedova, che cerca di coinvolgere Emma Bonino. E infine la terza: una sorta di lista civica con sindaci (anche di campo progressista, come Massimo Zedda, primo cittadino di Cagliari), associazioni e, se vorrà, pure Giuliano Pisapia. In quest’ultima lista potrebbe essere coinvolta anche la presidente della Camera Laura Boldrini.
L’alleanza Per il premier dell’Ulivo il Pd resta «il baluardo, il cuore di un’alleanza» tra progressisti