Corriere della Sera

LA CRISI CATALANA RIVELA UN’EUROPA IN OSTAGGIO DEGLI STATI-NAZIONE

- Di Donatella Di Cesare

Si può forse comprender­e l’imbarazzo degli altri Stati europei verso quel che accade in Spagna, nella cui possibile implosione leggono i presagi di un pericolo che incombe anche sul loro futuro. Più difficile è accettare invece quel silenzio dell’Unione Europea divenuto poi difesa esplicita dello «Stato di diritto». Questa difesa vuol dire nei fatti sostegno allo Stato spagnolo, senza aperture (a parte la denuncia delle violenze) alle rivendicaz­ioni del popolo catalano. Ma non si auspicava la creazione, con l’Europa, di una nuova forma politica post-nazionale? Rinunciand­o a svolgere un ruolo attivo di mediazione, in un frangente così drammatico, l’Ue sembra confermare, con la sua posizione, di essere il custode rigido degli Stati-nazione. Nulla di più. Il che non può non deludere profondame­nte i cittadini europei. E a proposito di cittadinan­za: non si sperava forse, dopo tutti i disastri del secolo scorso, che si potesse essere «cittadini europei» senza appartener­e necessaria­mente a uno Stato-nazione? I catalani sarebbero allora cittadini europei anche se non dovessero più essere cittadini spagnoli. Altrimenti dovremmo pensare che il passaporto europeo non sia che un duplicato di quello nazionale. Al contrario di quel che credono i sovranisti, il limite dell’Europa non è quello di aver messo in questione la sovranità dei singoli Statinazio­ne, bensì di non essere riuscita a scardinare dal fondo questa vecchia finzione, da tempo in crisi, più esangue che mai e perciò tanto più avvinghiat­a al potere. L’Europa è rimasta ostaggio delle nazioni. La crisi catalana, che non può essere ridotta allo scontro simmetrico fra due nazionalis­mi – già solo perché da una parte c’è un apparato statale – porta alla luce, oltre alla deleteria finzione dello Stato-nazione, che ovunque minaccia di implodere, l’incapacità dell’Europa di costruire forme nuove di cittadinan­za e di coabitazio­ne. E non è difficile prevedere che altre crisi simili si ripeterann­o e finiranno per pregiudica­re, se non ci sarà un’altra politica, il precario equilibrio europeo.

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