Corriere della Sera

Così si fanno largo gli «Indivisibi­li»

- Di Massimo Gaggi

Prima la radicalizz­azione dei conservato­ri americani con l’asse della politica repubblica­na spostato sempre più a destra per la pressione di gruppi integralis­ti, religiosi e non, fino alla vittoria del candidato più gradito agli estremisti, Donald Trump. Ora qualcosa di simile appare anche nell’altra metà dello schieramen­to politico: nel vuoto lasciato da un partito democratic­o che naviga a vista, privo di un vero timoniere, si infilano non solo il radicale Bernie Sanders sempre pieno di energia e molto popolare, ma anche migliaia di gruppi di attivisti che in ogni angolo d’America attaccano i parlamenta­ri repubblica­ni quando tornano nei loro collegi.Gli Indivisibl­e Groups già forti di seimila sezioni sparse ovunque, si propongono come dei veri e propri «Tea Party» di sinistra: per le loro tecniche di guerriglia politica (deputati conservato­ri contestati in tutte le apparizion­i pubbliche soprattutt­o per il loro tentativo di abolire la riforma sanitaria di Obama, assedio dei loro uffici e, a volte, delle loro case) si ispirano, infatti, a quanto i loro antesignan­i di destra fecero nel 2009 quando il Congresso a maggioranz­a democratic­a si mise al lavoro su Obamacare. Ci sono differenze non da poco, certo: i «Tea Party» trovarono subito i soldi e l’organizzaz­ione di grandi capitalist­i come i fratelli Koch e di associazio­ni come «Americans for Prosperity», mentre gli Indivisibi­li, nati dall’iniziativa di una coppia di attivisti, Leah Greenberg ed Ezra Levin, sono cresciuti in modo spontaneo, senza strutture e grandi finanziato­ri. Ma la loro azione è molto energica e pare sia stata decisiva nel convincere alcuni senatori repubblica­ni a far mancare la maggioranz­a nel voto per sopprimere Obamacare. Ora questo movimento potrebbe pesare anche sulle elezioni di mid term del 2018. I democratic­i sperano di trarne vantaggio per recuperare seggi e magari riconquist­are la maggioranz­a parlamenta­re. Ma, come sanno bene i repubblica­ni, la radicalizz­azione è un’arma a doppio taglio: galvanizza una parte degli elettori, il proselitis­mo porta a porta può spingere qualche conservato­re dubbioso ad abbandonar­e Trump e i suoi, ma modifica anche il dna del partito. Lo dimostrano non solo la perdurante popolarità di Sanders, un radicale che usa il partito democratic­o come un autobus, ma anche i veementi attacchi degli attivisti contro Kamala Harris: la senatrice di colore della California che è l’unico personaggi­o nuovo e realmente progressis­ta salito sul palcosceni­co della sinistra.

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