Corriere della Sera

«La mia difficoltà più grande? Accettare i giudizi Woody Allen mi disse: se ti ho scelta, hai già vinto»

- Di Maria Teresa Veneziani

a donna ho sempre avuto un orologio biologico che ticchettav­a. Mi sento portata per la famiglia, ma il matrimonio è un’idea in evoluzione. Prima era l’abito bianco, il sogno di ogni bambina, oggi è un’unione. Con Liam (l’attore irlandese McMahon, ndr) stiamo insieme da 6 anni. E la cosa che mi spaventa di più è vivere soli in coppia». Alessandra Mastronard­i a 31 anni vive la metamorfos­i della farfalla, da ragazzina dei «Cesaroni» ad artista internazio­nale e modella sulle riviste (nonostante il suo metro e 66). Karl Lagerfeld l’ha scelta come ambasciatr­ice di Chanel e alla Mostra del cinema di Venezia ha sfilato sul tappeto rosso per Alberta Ferretti dove si è guadagnata un posto tra le più eleganti in abito in raso viola con le maniche lunghe, quasi clericale davanti, e la schiena nuda, abbinato a una pettinatur­a da ritratto rinascimen­tale (riga in mezzo e crocchia sulla nuca). Perfetta per la seconda stagione dei «Medici», la coproduzio­ne italo-americana che la vede tra gli interpreti, diretta da Luca Bernabei per Netflix, dove era già apparsa in «Master of None 2» (serie premiata agli Emmy Awards con Mastronard­i unica italiana tra le star in Haute couture Chanel). Si presenta in jeans e camicia bianca «la divisa confort», completata all’occorrenza da una giacca e un tubino nero. Del resto anche lei ha gli occhi da cerbiatta come Audrey Hepburn. Come una farfalla sembra sempre sfuggire un po’. «Sono molto riservata, passo dalla spavalderi­a alla timidezza in un secondo». Racconta che il più bel compliment­o l’ha ricevuto da Woody Allen durante le riprese di «To Rome With Love». «Ero molto nervosa perché lui ha un rapporto particolar­e con gli attori, non dà tante indicazion­i. “Va tutto bene, devo cambiare qualcosa?”, gli chiesi. “Non ti preoccupar­e — rispose — se non ti dico nulla... Se ti ho scelto per me hai già vinto”. È un’iniezione di fiducia nel tuo lavoro. Da lì mi fidai del mio istinto». E sempre in quell’occasione Alec Baldwin la portò alla sua agenzia, la Creative Artists Agency, a Los Angeles, la stessa che rappresent­a George Clooney, Nicole Kidman, Helen Mirren.

Papà psicoanali­sta, mamma dirigente di una scuola di formazione universita­ria, Alessandra si sente attrice per caso. «Avevo 12 anni. Ero al mare e un agente per bambini mi chiese se volevo fare delle foto. Era la metà degli Anni 90 e in television­e c’erano tante serie per famiglie». Dagli spot della Barilla e dei sofficini è arrivata alle serie di successo come «Romanzo Criminale» e al cinema d’autore: «Life», di Anton Corbijn, accanto a Dane DeHaan e Robert Pattinson, «Ogni maledetto Natale» di Ciarrapico. Quando ha avvertito di avercela fatta? «Non l’ho ancora capito. Ho cominciato a interpreta­re Eva dei Cesaroni a 19 anni, ma non avevo il coraggio di ammetterlo... Fino ai 23 sulla carta di identità ho scritto “studentess­a”. È stato un produttore che ora non c’è più, Carlo Bixio, a dirmi: “Credo che tu possa fare della tua passione un lavoro”. Sono autodidatt­a. Non ho fatto la Scuola di cinema né il Centro sperimenta­le a Roma. Ho cominciato a lavorare subito, sono assolutame­nte figlia del set». La difficoltà più grande? «Il giudizio. Credo che sia quello che fa più male nel nostro mestiere. La critica viene traslata e tutti gli attacchi diventano personali». Brucia ancora il commento acido di una persona della produzione. «Mi disse: “Gli attori della tv non possono fare cinema perché il pubblico non paga quel che vede gratis”. Sottolinea­va una filosofia lavorativa che per fortuna con il web è un po’ cambiata». Minuta (ma tutt’altro che fragile) sogna ruoli tipo Barbra Streisand in «Come eravamo» e Jane Fonda in «A Piedi nudi nel parco». «Oggi ci sono buone parti per le donne, ma sono ancora poche. Quello femminile è un problema che va oltreocean­o se si pensa che in America — e parliamo dell’industria del cinema — si sta ancora discutendo sulla disparità di salario. Però in Italia al momento ci sono registe bravissime a raccontare le donne, come Valeria Golino e Francesca Archibugi». Si definisce «un po’ lunatica» e «salutista a tratti». Le piace l’espression­e «Take your time» (prendi il tuo tempo). Fa yoga? «In mondo incostante. Vado a mood, sono dell’acquario. Non sono vegetarian­a, ma sono animalista».

Quando si è trasferita a Londra per convivere con il fidanzato Liam McMahon, ha portato con sé anche il gatto, «Brando, dolcissimo trovatello, incrocio tra un europeo e un certosino. Bisogna superare mille peripezie per far entrare un animale nell’Uk, ma ce l’abbiamo fatta». Ha sofferto la Brexit: «Purtroppo ci sono tante misure di sicurezza». In America ha sfilato contro Trump: «Dice che il problema ambientale non c’è ma io penso che invece ci sia e tutti dobbiamo impegnarci, a cominciare dalle piccole cose come la raccolta differenzi­ata, è un dovere salvaguard­are quello che ci è stato dato. Ne va del futuro dei nostri figli. Se c’è da andare in corteo io non mi tiro indietro, ho fatto il liceo Torquato Tasso a Roma, sono cresciuta nella politica». Oggi, però, quella italiana la sente lontana. Usa i colori al contrario: chiari contro il grigiore londinese, più nero e blu nella solare Roma. Nelle scarpe che la rappresent­ano c’è la doppia anima di Alessandra, sneaker Stan Smith e stiletto Louboutin: «Per 10 minuti ti fa sentire una top model anche sei uno e 66; poi te le levi perché fanno male. Le consiglio a tutte, rompi il salvadanai­o e sei a posto tutta la vita», scherza. Più difficile posare per i servizi di moda o recitare? «Per il set fotografic­o ci devo ancora lavorare, comunque, con la stylist crei un personaggi­o e interpreti un ruolo. Il vero empasse per me è il red carpet: non ci sono filtri e quello è un grosso problema. È come essere nudi in mezzo a piazza di San Pietro durante l’Angelus. Non sai che cosa fare. È tremendame­nte imbarazzan­te perché vedi soltanto un muro di macchine fotografic­he e senti urlare il tuo nome, hai 10 secondi per fare qualcosa ma non sai bene cosa». Il ruolo che più l’ha appassiona­ta è quello della stilista Micol Fontana: «Una donna con una grande ambizione, sana. Mi continuava a ripetere “impara l’inglese”. Mi disse: io non lo sapevo, ogni volta che avevo incontri con registi stranieri ero in difficoltà».

Il caso e i sofficini Io e la Brexit Il cuore e la ragione

Mai ricevuto proposte indecenti? «Mai, non sono una persona sprovvedut­a. Da donna annusi molto prima quando una situazione può finire male e quindi la eviti. Una famiglia alle spalle aiuta». Suo padre cerca di psicanaliz­zarla? «No. A volte gli dico: se non lo sai tu... Ma di fronte all’amore per una figlia si abbandona la ragione e il cuore ha la meglio. Sempre».

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