Corriere della Sera

Cacio e pepe, genovese e stile retrò Borghese apre il suo primo ristorante

Nel locale di Milano il cuoco star della tv farà una cucina tra Roma e Napoli

- Isabella Fantigross­i

a partenza, come si dice, sembrerebb­e in salita. «Tutto quello che c’era qui prima ha fallito», dice Alessandro Borghese dalla strada, indicando il palazzo di Gio Ponti in viale Belisario 3 a Milano, sede del suo primo ristorante che aprirà a giorni a Milano. « Ma a me le sfide piacciono tantissimo». Tanto più che il locale è al primo piano: «Nessuno in Italia apre un ristorante al primo piano. Succede solo a New York. Ma io voglio stupire. E far assaggiare qui ai milanesi la cacio e pepe migliore della città». Settecento metri quadrati di spazio in zona CityLife dove Borghese — 41 anni a novembre, nato a San Francisco e cresciuto a Roma, figlio dell’attrice Barbara Bouchet e dell’imprendito­re napoletano Luigi Borghese — ha trasferito la sede della sua azienda, la «AB Normal - Eatertainm­ent Company». Uffici, dunque, e poi una saletta che ospita lezioni di cucina, cene private o eventi aziendali. Un bistrot con cocktail bar dove assaggiare tapas, fritti e crudi. E infine il ristorante, «Alessandro Borghese — Il lusso della semplicità», da 50 coperti.

«Tavoli senza tovaglie, ma dove tutto è fatto su misura, in stile retrò anni Venti, da crociera — racconta lo chef-star della tv —. Del resto, sulle navi ho lavorato per molto tempo da ragazzo, mi sono rimaste nel cuore». Tutto il resto, assicura lui, è all’avanguardi­a: «Abbiamo usato colle naturali e luci che puliscono l’aria studiate dall’università di Manchester. Fuori dalla cucina, a vista sulla sala, un orto». E poi: sistema di insonorizz­azione dei locali e musica rock, blues e jazz in sottofondo. Il menu? «Per ovvi motivi, farò una cucina partenopea-laziale, che però guarda anche all’estero». La carta sarà semplice: cinque antipasti e altrettant­i primi, secondi e dolci. «Ma i piatti cambierann­o spesso». Un po’ come è nello spirito di Borghese, sempre in movimento: da metà novembre sarà in onda, oltre che su Sky Uno con «4 Ristoranti» e «Kitchen Sound», anche su TV8 con un nuovo programma da lui studiato, «Cuochi d’Italia», sfida culinaria arbitrata da Gennaro Esposito e Cristiano Tomei. «In cucina sono uno chef rock and roll, non amo le ricette troppo Al bancone Borghese, 41 anni, al bar del nuovo locale. Da metà novembre sarà in television­e con un nuovo programma su TV8, «Cuochi d’Italia», assieme a Gennaro Esposito e Cristiano Tomei codificate, sempre uguali. Nè — giura lui — punto alle stelle Michelin. Certo, mi auguro sempre una bella recensione, ma l’obiettivo del ristorante è fare prima di tutto una buona cucina». E allora, tortelli di pasta fresca. Spaghetto di Nerano. Pasta, patate e provola affumicata. Genovese. Agnello al forno. Costine di maiale in bassa temperatur­a. Si comincia con aperitivo e cena, nelle prossime settimane il locale sarà aperto anche a colazione e per pranzo (alla carta o con la formula del business lunch, con insalate, pesce e primi piatti). I prezzi? « A cena si mangerà alla carta con circa 70 euro a persona. Mi sembra un prezzo giusto per Milano e per questa zona. E ci sarà il servizio di prenotazio­ne all’americana, online con la carta di credito. Questo significa che chi decide di non venire all’ultimo minuto, come molti purtroppo fanno, dovrà pagare comunque il costo della mancata cena. In Italia nessuno fa ancora così, sarò il primo: con cinquanta coperti non ci si può permettere la disdetta tardiva». Tutto, insomma, guarda all’estero. Perché allora la scelta di Milano? «È l’ultima frontiera prima dell’espatrio — ride —. Milano è frizzante, sempre in fermento. È concreta come me, è l’unico posto dove posso lavorare in Italia. Ha solo un difetto: manca il mare. Ma è solo un dettaglio».

Il menu è semplice, cambierà spesso: non amo le ricette troppo codificate. Voglio che la gente mangi, non assaggi. E ci sarà tanta buona musica

@isafantigr­ossi

Si parte con aperitivo e cena. E saremo precursori: il locale è al primo piano, inusuale in Italia, e chi disdice all’ultimo paga, come negli States

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