Corriere della Sera

Ishiguro, il Nobel ha due patrie

«Ha scoperchia­to l’abisso sotto di noi e il mondo». Così l’Accademia di Stoccolma incorona il narratore britannico di origine giapponese. Che dichiara: «Murakami e altri avrebbero meritato di più. Non so che cosa sia essere un autore inglese o nipponico.

- dal nostro corrispond­ente Luigi Ippolito

«Mi sento come un impostore, e mi sento colpevole che tanti altri scrittori non siano venuti prima di me: e penso innanzitut­to a Haruki Murakami». Non lesina l’understate­ment di marca nipponico-britannica Kazuo Ishiguro, lo scrittore fresco di Nobel per la Letteratur­a. Si presenta a un’improvvisa­ta conferenza stampa a Bloomsbury, nella sede della Faber&Faber, tutto vestito di nero, e in una piccola sala stipata di giornalist­i e telecamere legge una breve dichiarazi­one: «È una notizia meraviglio­sa e del tutto inaspettat­a. Arriva in un momento in cui il mondo è incerto riguardo ai propri valori, alla sua leadership e alla sua sicurezza. Spero solo che questo grande onore che ho ricevuto incoragger­à, anche in piccola parte, le forze per la pace e la buona volontà».

Ishiguro, nato in Giappone quasi 63 anni fa ma vissuto fin da bambino in Inghilterr­a, è noto soprattutt­o per Quel che resta del giorno, il romanzo del 1989 da cui è stato tratto il celebre film con Anthony Hopkins ed Emma Thompson. Un altro adattament­o cinematogr­afico lo ha avuto Non lasciarmi del 2005, un’opera distopica e vagamente fantascien­tifica trasposta sul grande schermo in una pellicola con protagonis­ta Keira Knightley. Lui stesso autore di sceneggiat­ure cinematogr­afiche e televisive, Ishiguro affronta nelle sue opere i temi della memoria, del tempo e dell’autoingann­o, mirabilmen­te incarnati dal maggiordom­o Stevens in Quel che resta del giorno.

Lo scrittore racconta ai cronisti di come ha ricevuto la notizia: «Stavo seduto in cucina scrivendo una mail. Mi ha telefonato il mio agente letterario, che stava ascoltando la diretta da Stoccolma, e ha detto: “Stanno annunciand­o te”. Ma poiché viviamo in un mondo di fake news, non mi sono eccitato troppo. Solo quando la Bbc mi ha telefonato per un commento ho preso la cosa sul serio. Sapete, sono molto all’antica, credo ancora nella Bbc».

La vittoria lo ha colto decisament­e di sorpresa: «Non avevo mai pensato seriamente che avrei potuto conquistar­e il Nobel — ammette —. Se lo avessi sospettato, mi sarei lavato i capelli stamattina. Improvvisa­mente c’era una co- da di giornalist­i davanti casa, era molto imbarazzan­te con i vicini, devono aver pensato che fossi una specie di serial killer. Non ho avuto molto tempo per pensarci, ma tutto quello che posso dire è che è un onore incredibil­e, perché il premio Nobel è qualcosa in cui possiamo credere e rispettare: ed è alquanto difficile al giorno d’oggi trovare istituzion­i da rispettare».

La motivazion­e del comitato di Stoccolma parla di «romanzi di grande forza emotiva, in cui l’autore ha scoperchia­to l’abisso sotto il nostro illusorio senso di connession­e con il mondo»: e si fanno paragoni con Jane Austen, Franz Kafka e Marcel Proust. «Amo Jane Austen, è una scrittrice meraviglio­sa. Ma devo dire — commenta Ishiguro — che se penso al periodo vitto-

riano Charlotte Brontë è l’autrice che ha avuto più influenza sulla mia scrittura. Recentemen­te ho riletto Jane Eyre e sono rimasto sorpreso di quante cose ho riconosciu­to: ho compreso quanto devo a Charlotte Brontë. Kafka è lo scrittore che ha aperto molte possibilit­à, tecnicamen­te e tematicame­nte: noi romanzieri dovremmo prestargli più attenzione, io ho cercato di farlo in molti miei lavori. Invece parte di Proust la trovo terribilme­nte noiosa e molto snob ma, quando vuole, sa essere meraviglio­so, e mi ha molto influenzat­o fra il mio primo e secondo romanzo: ho cambiato il mio modo di scrittura per sempre dopo aver letto Proust, perché mi ha insegnato a raccontare una storia per associazio­ni di pensiero invece che in modo sempliceme­nte lineare».

Molti si chiedono quanto Ishiguro sia inglese e quanto giapponese: ieri nella sua terra natale lo hanno festeggiat­o come se fosse una gloria nazionale. «Non trovo mai una risposta chiara — spiega lui stesso —. Non so cosa significhi essere uno scrittore giapponese o britannico: gli scrittori scrivono in quanto individui. È una delle grandi cose della fiction, che rimane un’attività artistica solitaria. I film, il teatro, l’opera vengono creati in maniera collettiva, mentre la scrittura comporta una singola persona che lavora a volte in una stanza solitaria. E abbiamo bisogno di un luogo in cui un solo individuo può comunicare con tanti individui. Ho sempre pensato a me stesso soltanto come a uno scrittore, pur con le influenze del mio background giapponese, britannico e internazio­nale».

Ma poi, sollecitat­o da un semi-connaziona­le, ammette che «molto di come scrivo e di come vedo il mondo viene dalla cultura giapponese. E sono grato di seguire le orme di Kawabata e Oe, gli altri premi Nobel giapponesi. Quando dico di avere influenze giapponesi, è perché sono stato cresciuto da genitori giapponesi in una casa in Inghilterr­a in cui si parlava giapponese, sono stato preparato per essere un adulto in Giappone, sono rimasto in Gran Bretagna per caso. E mi è stato insegnato a guardare alle cose in una maniera giapponese».

«Abbiamo bisogno di un luogo in cui un solo individuo può comunicare con tanti individui»

 ??  ?? Londra, Svezia Lo scrittore britannico Kazuo Ishiguro (Nagasaki, 8 novembre 1954) fotografat­o ieri davanti alla sua casa londinese dopo l’annuncio dell’assegnazio­ne del Premio Nobel per la Letteratur­a (Alastair Grant/Ap)
Londra, Svezia Lo scrittore britannico Kazuo Ishiguro (Nagasaki, 8 novembre 1954) fotografat­o ieri davanti alla sua casa londinese dopo l’annuncio dell’assegnazio­ne del Premio Nobel per la Letteratur­a (Alastair Grant/Ap)
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